I guai di Volkswagen non finiscono più

L'azienda ha annunciato che 800.000 auto – anche con motori benzina – sono state omologate con dati su consumi ed emissioni di CO2 che non corrispondono alla realtà

Il CEO del gruppo Volkswagen Matthias Mueller accanto a una Golf in costruzione (JULIAN STRATENSCHULTE/AFP/Getty Images)
Il CEO del gruppo Volkswagen Matthias Mueller accanto a una Golf in costruzione (JULIAN STRATENSCHULTE/AFP/Getty Images)

Martedì 3 novembre il gruppo automobilistico tedesco Volkswagen ha diffuso un comunicato stampa in cui afferma di aver sottostimato in fase di omologazione le emissioni di CO2 e i consumi di 800.000 auto vendute. Per la prima volta nello scandalo che fino a oggi ha toccato solo i motori diesel è coinvolto anche un motore a benzina, il 1.4 dotato del dispositivo ACT (Active Cylinder Technology) che permette la disattivazione di due dei quattro cilindri per ridurre consumi ed emissioni.

Le conseguenze economiche di queste nuove irregolarità – scoperte nel corso di investigazioni interne – sono state valutate da Volkswagen in circa 2 miliardi di euro, che si vanno ad aggiungere ai 6,7 miliardi di euro già accantonati dall’azienda per affrontare il richiamo globale di 11 milioni di auto dotate di un software in grado di falsare i risultati dei test sulle emissioni. I dati sottostimati comunicati il 3 novembre riguardano i consumi e la CO2 emessa dai motori 1.4, 1.6 e 2.0 diesel prodotti dopo il 2012 e dal 1.4 benzina. Secondo le prime ipotesi provenienti da fonti interne a Volkswagen, i modelli del gruppo coinvolti sono Volkswagen Golf, Polo e Passat, Audi A1 e A3, Seat Ibiza e Skoda Octavia. Nel comunicato il consiglio d’amministrazione Volkswagen ha annunciato che “avvierà immediatamente un dialogo con le agenzie di omologazione circa le conseguenze di queste scoperte” e che “questo dovrebbe portare a una valutazione affidabile delle implicazioni legali e delle conseguenze economiche di questi fatti non ancora del tutto chiari”.

Oltre al coinvolgimento di un motore benzina, un’altra novità rispetto al passato sta nel fatto che le violazioni comunicate ieri da Volkswagen riguardano l’anidride carbonica (CO2) e non gli ossidi di azoto (NOx). Questa differenza dovrebbe portare a maggiori conseguenze in Europa, dove alcune nazioni utilizzano i valori delle emissioni di CO2 per calcolare la tassazione sulle auto. I 2 miliardi di euro stimati potrebbero dunque essere utilizzati per compensare i consumatori penalizzati dall’aumento delle tasse legate ai dati sulle emissioni di CO2 e quelli che lamenteranno di aver acquistato un’auto del gruppo tedesco sulla base di dati falsi.

“Sin dall’inizio ho insistito fortemente sull’implacabile e completa chiarificazione di tutti i fatti. Non ci fermeremo davanti a niente o nessuno. Questo è un processo doloroso ma è la nostra unica alternativa”, ha dichiarato l’amministratore delegato del gruppo Volkswagen Matthias Mueller nel comunicato stampa. “Per noi l’unica cosa che conta è la verità. Questa è la base per il riallineamento fondamentale di cui Volkswagen ha bisogno”.

La notizia delle 800.000 auto Volkswagen che inquinano e consumano più carburante di quanto dichiarato ufficialmente ha avuto conseguenze anche suol titolo azionario del gruppo, che stamattina ha aperto in forte discesa e alle 15 perde intorno all’8,3 per cento – pari a circa 3 miliardi di euro di capitalizzazione.

Il comunicato di Volkswagen arriva appena un giorno dopo le accuse fatte il 2 novembre dall’agenzia federale statunitense per la protezione ambientale EPA riferite ad alcuni modelli Volkswagen, Audi e Porsche venduti o in vendita tra il 2014 e il 2016 con un motore diesel 3.0 litri V6 che sarebbero stati dotati di sistemi per ingannare i test sulle emissioni. Volkswagen ha negato le nuove accuse e in un primo momento ha detto di non voler sospendere la vendita dei nuovi modelli coinvolti; ieri però la divisione nordamericana di Porsche ha comunicato di aver bloccato temporaneamente le vendite del suo SUV Porsche Cayenne diesel. Il coinvolgimento di un modello della Porsche complica la posizione dell’amministratore delegato Matthias Mueller, che prima di essere nominato a capo del gruppo Volkswagen in sostituzione del dimissionario Martin Winterkorn guidava proprio il marchio sportivo.

Lo scandalo dei motori truccati per ridurre i livelli di emissioni inquinanti in fase di test è iniziato lo scorso 18 settembre, quando l’EPA accusò Volkswagen di aver barato nei test e di aver venduto negli Stati Uniti migliaia di auto che di fatto inquinavano più di quanto permesso. Dopo la formalizzazione delle accuse, Volkswagen aveva ammesso di aver installato su molte sue auto un particolare software che riusciva a ingannare i test sulle emissioni inquinanti. Il software era in grado di attivarsi durante i test e ridurre momentaneamente le emissioni per non risultare fuori norma. Una volta in strada, le emissioni nocive erano fino a 40 volte quelle consentite dalla legge. Lo scandalo aveva portato alla fine di settembre alle dimissioni di Martin Winterkorn da CEO di Volkswagen e alla nomina di Matthias Müller – allora amministratore delegato di Porsche – al suo posto. Mercoledì 28 ottobre sono arrivati i primi importanti numeri per capire come vanno le cose per Volkswagen, che indicano una perdita di 3,48 milioni di euro per il terzo trimestre del 2015: è la prima volta negli ultimi 15 anni che Volkswagen fa registrare un trimestre in perdita.