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  • Domenica 8 febbraio 2015

Le elezioni in Nigeria sono state rimandate

I soldati destinati a sorvegliare i seggi stanno combattendo Boko Haram: la nuova data è il 28 marzo, i candidati sono l'attuale presidente e un ex generale dell'esercito

A protestor holds a banner as Nigerian security forces look on, during a protest in Abuja, Nigeria, Saturday, Feb. 7, 2015, against the possible postponement of the Nigerian elections. Civil rights groups staged a small protest Saturday against any proposed postponement. (AP Photo/Lekan Oyekanmi)
A protestor holds a banner as Nigerian security forces look on, during a protest in Abuja, Nigeria, Saturday, Feb. 7, 2015, against the possible postponement of the Nigerian elections. Civil rights groups staged a small protest Saturday against any proposed postponement. (AP Photo/Lekan Oyekanmi)

Sabato 7 febbraio la commissione elettorale della Nigeria ha annunciato che le elezioni previste per il 14 febbraio sono state rimandate al 28 marzo, per ragioni di sicurezza. La commissione ha spiegato che le truppe che dovrebbero proteggere i seggi durante le elezioni sono attualmente impiegate a contenere le incursioni di Boko Haram, il gruppo di estremisti islamici che controlla diverse aree nel nord-est del paese. Quella di rimandare le elezioni è una decisione molto importante che riguarda un momento cruciale per il paese più popoloso e l’economia più grande dell’Africa intera. La Nigeria, ha scritto il settimanale Economist, è come «una polveriera pronta ad esplodere».

Con 170 milioni di abitanti, la Nigeria è il paese più popoloso dell’Africa e recentemente ha superato il Sudafrica come economia più grande del continente, grazie soprattutto a una revisione del calcolo del PIL che ha tenuto conto della rapida crescita di alcuni nuovi settori, come la telefonia mobile. L’economia del paese non cresce però soltanto grazie agli artifici statistici: negli ultimi 15 anni la Nigeria ha mantenuto una delle crescite reali più rapide del mondo. Anche la popolazione è in continuo aumento e secondo alcune previsioni potrebbe superare i 300 milioni di abitanti nei prossimi dieci anni. Diversi analisti credono che la Nigeria si trovi ora in un momento molto difficile: il rischio è che si trasformi in uno stato fallito, come tanti altri paesi africani.

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Nonostante la sua significativa crescita economica, la Nigeria è profondamente divisa tra un sud a maggioranza cristiana più prospero grazie soprattutto a grossi giacimenti di petrolio, e un nord a maggioranza musulmana molto più povero. Il petrolio è molto importante per l’economia nigeriana: conta per circa il 90 per cento dell’esportazioni e garantisce quasi due terzi delle entrate del governo. Negli ultimi anni l’economia della Nigeria è riuscita in qualche misura a diversificarsi: oggi l’industria petrolifera conta per circa il 10 per cento del prodotto interno lordo. La Nigeria resta comunque molto vulnerabile alle oscillazioni nel prezzo del petrolio. Dalla fine del 2014, quando il prezzo del petrolio ha cominciato scendere, la moneta nigeriana ha perso quasi un quarto del suo valore e diversi economisti hanno già cominciato a tagliare le previsioni di crescita per il 2015.

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Come molti paesi africani, in Nigeria gli indici di corruzione sono molto alti, così come quelli relativi alle diseguaglianze sociali, e la popolazione è divisa anche a livello etnico e religioso. L’attuale presidente Goodluck Jonathan è cristiano e gode del consenso delle regioni più prospere del sud (a maggioranza cristiana). Il suo principale avversario è l’ex generale Muhammadu Buhari, 72 anni, musulmano e membro del partito Congresso di Tutti i Progressisti (APC). Negli anni Ottanta Buhari era già stato per breve tempo parte di un governo militare. Buhari raccoglie i consensi soprattutto nel nord e nell’ovest del paese, dove è concentrata la popolazione musulmana. Secondo i sondaggi, le prossime elezioni saranno molto combattute ed entrambi i candidati possono contare su circa il 42 per cento dei consensi, distribuiti piuttosto equamente tra le due metà del paese. I leader dell’opposizione hanno definito il rinvio delle elezioni «un grave colpo per la democrazia», ma hanno anche chiesto ai loro sostenitori di astenersi dalle dimostrazioni violente. Anche gli Stati Uniti hanno criticato la decisione di rimandare il voto.

Il rinvio del voto ha probabilmente contribuito a diminuire ulteriormente la fiducia dei nigeriani in un processo elettorale libero e corretto (fiducia che tra l’altro era già bassissima). Il generale clima di sfiducia potrebbe contribuire a rendere più violenti gli scontri tra i sostenitori dei due candidati, già oggi piuttosto frequenti nella fascia centrale del paese.

Una vittoria di Buhari potrebbe causare nuove rivolte nella zona del delta del Niger, dove si trova la maggior parte degli impianti petroliferi del paese: è una regione dove sono in corso scontri da quasi dieci anni, anche se negli ultimi tempi la situazione si è in qualche misura normalizzata. Una nuova e più violenta rivolta nell’area potrebbe causare un arresto della produzione di petrolio con conseguenze molto gravi per tutta l’economia nigeriana. D’altro canto una vittoria di Jonathan potrebbe aggravare ulteriormente la rivolta già in corso nel nord. Il gruppo Boko Haram potrebbe ricevere nuove reclute, finanziamenti e appoggio, ed espandere la sua campagna militare che ha causato la morte di almeno duemila persone in tutto il paese soltanto nell’ultimo mese.