Macchine da scrivere

Album fotografico delle cose con cui scrivevamo, per appassionati e nostalgici, tra martelletti, nastri d'inchiostro e guanti per dattilografi

Le macchine da scrivere – che per un lungo periodo hanno effettivamente svolto il lavoro per cui erano state concepite e inventate: scrivere – oggi rientrano in quella categoria di oggetti che definiamo più o meno unanimemente “d’antiquariato”. E quindi, come molti altri affascinanti oggetti che non usiamo più, generano fenomeni di culto tra appassionati, e c’è anche chi tenta di utilizzarle ancora facendo i conti con la sempre più difficile reperibilità sia delle macchine che dei componenti che permettono alle macchine di funzionare (come i nastri di inchiostro).

(per quelli che hanno cliccato sull’articolo per litigare sulla formula “macchina da scrivere”: leggete cosa ne dice l’Accademia della Crusca)

Insomma, le macchine da scrivere sono ancora lì, sparse nei mercatini di mezzo mondo, o oggetto di pubblicazioni e mostre a tema. Barrie Tullet, un graphic designer e docente di grafica alla Lincoln School of Art & Design di Londra, ha pubblicato di recente per l’editore inglese Laurence King il libro Typewriter Art: A Modern Anthology, che riprende la storia della macchina da scrivere e raccoglie circa 180 illustrazioni di artisti che disegnano utilizzando macchine da scrivere, o le cui opere usano come tema principale la macchina da scrivere.

L’invenzione della macchina da scrivere viene convenzionalmente fatta risalire all’inizio del Diciottesimo secolo. Si racconta che uno dei primi prototipi sia opera di Giuseppe Ravizza, un avvocato di Novara che intorno nel 1855 brevettò un “cembalo scrivano”, un dispositivo di scrittura inizialmente pensato per persone non vedenti e che utilizzava un meccanismo con i “martelletti” simile a quello degli strumenti a corda. Qualche anno più tardi un americano, Christopher Sholes, inventò una macchina simile per conto dell’azienda Remington. In Italia la storia della macchina da scrivere è storicamente legata alla storia dell’imprenditore Adriano Olivetti, la cui azienda produsse alcuni dei modelli di macchina da scrivere portatile di maggior successo in tutto il mondo, come la Lettera 22, prodotta negli anni Cinquanta.