Sei canzoni di Mika

Da due dei suoi tre dischi, che quello in mezzo è riuscito peggio

Foto Andreoli Emilio - LaPresse12 12 2013 - Milano (Italia)SpettacoloX Factor 2013 Serata FinaleNella foto: Mika Photo Andreoli Emilio - LaPresse12 12 2013 - Milan (Italy)entertainmentX Factor 7 - Final evening
Foto Andreoli Emilio - LaPresse12 12 2013 - Milano (Italia)SpettacoloX Factor 2013 Serata FinaleNella foto: Mika Photo Andreoli Emilio - LaPresse12 12 2013 - Milan (Italy)entertainmentX Factor 7 - Final evening

Mika è un cantante pop tra quelli che hanno venduto più dischi nell’ultimo decennio: è nato nel 1983 in Libano, ed è cresciuto a Parigi e Londra. Fece il miglior disco pop del 2007, che fu paragonato per ricchezza ed efficacia melodica alle cose dei Queen. Vendette sfracelli, piazzò un sacco di singoli in classifica e si appiccicò alle orecchie di mezzo mondo. Poi nel 2009 fece un secondo disco che suonava la versione venuta male del primo: nessun pezzo indimenticabile, una specie di disco degli One Direction prima che arrivassero gli One Direction. Vendette tanto lo stesso, ma non fu la stessa cosa e quelle canzoni lì non se le ricorda più nessuno. Lui capì la lezione, e il terzo disco, pubblicato a fine 2012, fu di nuovo pieno di cose divertenti e appiccicose: ne uscirono cinque singoli. Poi nel 2013 l’edizione italiana di X-Factor lo arruolò come giudice con grande successo e nuova popolarità in Italia, dove ora è famoso per quello.

Mika e Dario Fo alle Invasioni Barbariche (video)

Grace Kelly
Il primo singolo del primo disco – una cosa che avrebbe trascinato a ballare anche Rocco Buttiglione – era primo nelle classifiche delle vendite online prima ancora che uscisse il primo disco. Racconta del reinventarsi per avere successo (“so i tried a little Freddie”, si parla di Mercury), e cita melodicamente “Largo al factotum” del Barbiere di Siviglia di Rossini.

Lollipop
Suggerimenti alla sorella piccola di stare attenta con gli uomini, ma in un andamento generale festaiolo e trumpappà che alla fine l’effetto non è molto disincentivante: sembra che ci si diverta un sacco, insomma.

Happy ending
Enfasi di quella da pezzo che chiude enfaticamente un disco (in realtà c’è una coda, poi), ad andarsene via tutti, trionfalmente e coi cori. Lui disse che parlava di separazioni sentimentali ma anche dei senzatetto di Los Angeles e che poi alla fine ognuno ci trovi quello che vuole.

Relax, take it easy
Qualunque “Relax” deve fare i conti con il leggendario pezzo dei Frankie goes to Hollywood, e non ce la fa mai (tra l’altro, questa somiglia anche tanto a “I just died in your arms tonight” dei Cutting Crew, dello stesso periodo). Ma se uno non ci pensa, al confronto, l’invito a prendere le cose con serenità e andarci piano è sempre benvenuto.

The origin of love
Il solito pop barocco e trallallà di Mika, niente di nuovo, ma gli viene bene: ci sono accavallamenti di strofe e ponti e ritornelli che funzionano e inducono ad andare fuori a conquistare il mondo anche nelle giornate più sonnolente e nebbiose. Poi è una canzone arditamente ateista, a leggere il testo: parla della forza dell’amore, e spiega che “Dio non può fermarla”, invece di indicarlo come suo presunto promotore, e prende in giro la storia di Adamo ed Eva: “meglio dimenticarsene, Dio ha insegnato loro l’odio e li ha costretti a nascondersi: l’origine dell’amore sei tu”. In tutto questo scoppiettìo e zumzumzum ci infila un altro giochetto, un coro da convento in latinorum che ripete “Padre nostrum, deus machismo” e che ha creato grandi curiosità e ricerche di interpretazione nei forum dei fans su internet.

Celebrate
Mika ha un pezzo della sua vita in Francia, dove ogni volta che fa un disco arriva primo, dove gli hanno dato un titolo onorifico per i servigi alle Arti e alle Lettere, e dove ha delle tentazioni – per sua stessa ammissione – di imitare i Daft Punk. Comunque Pharrell Williams lo arruolò per primo lui.