Chi era Eric J. Hobsbawm

È morto oggi uno dei più grandi e controversi storici del '900: raccontò il trionfo della borghesia, inventò il Secolo breve e difese sempre l'utopia comunista

January 1976: British historian Eric Hobsbawm, author of ‘The Age of Empire’, ‘The Age of Capital’ and ‘The Age of Revolution’. (Photo by Wesley/Keystone/Getty Images)

January 1976: British historian Eric Hobsbawm, author of ‘The Age of Empire’, ‘The Age of Capital’ and ‘The Age of Revolution’. (Photo by Wesley/Keystone/Getty Images)

Oggi è morto a 95 anni Eric J. Hobsbawm, uno dei più importanti e controversi storici del ‘900. La sua opera più famosa, i quattro volumi che raccontano la storia dal 1848 al 1991, fu definito  da un altro importante storico, Niall Ferguson, “il modo migliore per cominciare lo studio dell’età contemporanea”. L’ultimo volume della tetralogia – The Ages of Extremes: the Short Twentieth Century 1914-1991 tradotto in Italia come “Il Secolo Breve” – è uno dei libri di storia più famosi al mondo.

Uno dei temi più importanti della sua opera è stata l’analisi della “doppia rivoluzione”: formata dalla rivoluzione francese e da quella industriale inglese. L’insieme di queste due spinte rivoluzionarie fu il principale fattore, secondo Hobsbawm, che spinse verso la moderna società liberale-capitalista. Hobsbawm cambiò anche la ripartizione cronologica dell’età contemporanea dividendola in “lungo Ottocento” e “secolo breve”, una ripartizione che viene ancora utilizzata.

Secondo Hobsbawm, il lungo Ottocento è caratterizzato dall’ascesa della borghesia che si sostituisce all’aristocrazia come classe sociale dominante. Comincia nella seconda metà del settecento, con la doppia rivoluzione, e finisce con la Prima Guerra Mondiale, che mette fine al mondo borghese e liberale della belle époque. Il secolo breve è invece caratterizzato dalla nascita del comunismo e dalla sua lotta per imporsi come modello alternativo alla società liberale-borghese. Comincia nel 1914-1917 e finisce nel 1991 con la caduta dell’Unione Sovietica.

Hobsbawm era nato nel 1917 ad Alessandria d’Egitto da una famiglia ebrea (suo padre era cittadino britannico e sua madre viennese) e visse per molti anni a Vienna e Berlino, per poi trasferirsi in Inghilterra nel 1933, quando Hitler fu nominato cancelliere. Divenne nel 1947 professore all’università di Birkbeck, dove restò fino a diventare preside dell’università. Per qualche anno insegnò anche al King’s College mentre a Cambridge gli fu sempre negata la cattedra, secondo Hobsbawm, a causa delle sue visioni politiche.

Hobsbawm fu iscritto al partito comunista tedesco mentre si trovava in Germania e poi si iscrisse a quello inglese dopo essersi trasferito a Londra. Dopo l’invasione sovietica dell’Ungheria fu uno dei pochissimi intellettuali inglesi a restare iscritto al partito, anche se scrisse alcune critiche alla politica sovietica e poi, nel’68, appoggiò la primavera di Praga (anche quella stroncata da un’invasione sovietica).

La sua affiliazione al partito comunista gli procurò molte critiche durante tutta la sua carriera. Hobsbawm fu accusato di non aver mai sottolineato abbastanza le atrocità commesse dai regimi comunisti nei suoi libri e di non aver mai preso apertamente posizione contro l’Unione Sovietica nella sua vita pubblica. Un altro storico e poeta britannico, Robert Conquest, una delle massime autorità sulla storia sovietica, lo criticò a lungo e severamente per aver sostenuto che la creazione dell’utopia comunista valeva i 20 milioni di morti causati dal sistema dei gulag (i campi di prigionia dell’Unione Sovietica).

Foto: Wesley/Keystone/Getty Images