La storia della foto di Benigni e Berlinguer

E altre foto del segretario più amato del Partito Comunista Italiano, che oggi avrebbe novant'anni

Venerdì 17 giugno del 1983 il Partito Comunista organizzò una manifestazione al Pincio, il celebre colle di Roma che è sopra piazza del Popolo. Il 26 giugno si sarebbe votato per le elezioni politiche, quelle che avrebbero visto un deciso calo della Democrazia Cristiana e il PCI quasi al 30 per cento (dopo quelle elezioni il presidente del Consiglio sarebbe diventato, per la prima volta, il socialista Bettino Craxi).

Verso la fine della manifestazione salì sul palco Roberto Benigni, che allora era già un comico molto conosciuto e noto per le sue simpatie comuniste. Qualche anno prima, nel 1977, era diventato famoso per la sua parte di protagonista nel film diretto da Giuseppe Bertolucci Berlinguer ti voglio bene. Benigni era anche conosciuto per essere spesso irriverente nei confronti di personaggi percepiti come distanti e autorevoli: nel 1980, al Festival di Sanremo di cui era conduttore, chiamò l’allora papa Giovanni Paolo II con l’epiteto – poi diventato famoso – “Wojtilaccio”.

In quel 1983 uscì anche il primo film di cui Benigni era regista, Tu mi turbi. Quel pomeriggio, dopo un ironico “comizio” di una decina di minuti, solo sul palco, Benigni presentò il segretario del PCI Enrico Berlinguer, che assisteva a un lato del palco. Lo fece venire al microfono di fianco a sé e disse, dopo avergli stretto la mano, “io vorrei prenderlo in collo ma lui non si farà prendere, sarebbe il mio sogno prendere in collo Enrico Berlinguer”. Subito dopo lo prese effettivamente in braccio per pochi secondi. Berlinguer non si sottrasse al gesto e rimase sorridente, prima di iniziare il suo comizio.

La fotografia dell’abbraccio venne riportata da tutti i giornali. Il fatto era curioso perché coinvolgeva uno dei massimi leader politici del paese, in un periodo in cui i politici – Berlinguer su tutti – erano sempre molto seri e impostati nelle occasioni pubbliche.

Enrico Berlinguer, che era nato a Sassari il 25 maggio 1922 e oggi avrebbe compiuto novant’anni, era il segretario generale del Partito Comunista Italiano dal 1972. Era figlio di una nobile e ricca famiglia sarda, di lontane origini spagnole testimoniate dal cognome. Si iscrisse al PCI nel 1943 e, anche grazie alle amicizie e ai contatti del padre, iniziò la sua carriera nel partito comunista di Togliatti. Fu per qualche anno segretario della Federazione Giovanile Comunista Italiana, prima di diventare deputato nel 1968.

Diventò segretario dopo Luigi Longo, compiendo alcune scelte storiche per il partito e per la vita politica italiana: tra queste, il rifiuto del rigido allineamento con l’Unione Sovietica e della contrapposizione frontale e totale con il resto del mondo “capitalista”. Con questa linea – definita “eurocomunismo” – il PCI, il maggior partito comunista nell’Europa occidentale, raggiunse il suo miglior risultato, il 34,4 per cento alle elezioni politiche del 1976. Berlinguer morì l’11 giugno 1984, a Padova: era stato colpito da un ictus quattro giorni prima, mentre stava tenendo un comizio in piazza della Frutta. La sua morte fu un evento drammatico, che colpì molto l’opinione pubblica. Ai suoi funerali, due giorni dopo la morte, parteciparono diverse centinaia di migliaia di persone. Enrico Berlinguer è tutt’ora uno dei personaggi politici più amati in Italia dal dopoguerra a oggi.

Il discorso di Berlinguer del 1977 su austerità e rigore