La politica dei goffi passi

Pianificate o maldestre, le scelte leghiste spostano il baricentro della discussione pubblica: e tutti a parlare dell'inno nazionale

di Filippomaria Pontani

Non è ben chiaro cosa sia davvero successo sabato 12 giugno in occasione dell’inaugurazione della nuova scuola primaria in località Fanzolo di Vedelago. Di certo, pare difficile che le notizie relative a un declassamento dell’inno nazionale a beneficio di “Va’ pensiero” siano state montate ad arte da una sapiente congiura dei convenuti: è probabile che uno “sbreco” al cerimoniale, per quanto modesto, sia avvenuto, e riesce difficile immaginare che questo evento non riposi, più o meno direttamente, su un’indicazione fornita o almeno avallata dal governatore Luca Zaia, la personalità di gran lunga più in vista che ha preso parte alla cerimonia.

Proporrei di sorvolare tout court sulle difese d’ufficio dell’inno di Mameli, e ancor più sulle valutazioni comparative che lo oppongono al coro verdiano sul piano estetico e musicale: si tratta di rilievi certo legittimi, ma poco pertinenti alla questione. Preferirei invece richiamare l’attenzione su due fattori concreti: la scuola e la “location”. La scuola, come si può constatare da un’ampia documentazione reperibile sul web, è un modello di plesso moderno, costruito secondo le più avanzate tecniche di comfort, di rispetto del verde e di risparmio energetico. Sull’estetica naturalmente si può discutere, ma è indubbio che l’amministrazione comunale (leghista) abbia profuso molti sforzi nel creare un edificio funzionale e all’avanguardia.

Fanzolo di Vedelago, balzato inopinatamente agli onori delle cronache, non è una frazione qualsiasi: nel suo territorio sorge infatti la più perfetta delle ville palladiane, la Villa Emo Capodilista, completata dall’architetto padovano nel terzo quarto del XVI secolo, e ampiamente descritta (con tanto di piantine) nel secondo libro del suo capolavoro, I Quattro libri dell’Architettura – quell’opera che, anche per il tramite di Thomas Jefferson, influenzò in maniera decisiva la moda costruttiva d’Oltreoceano (basti pensare alla Casa Bianca). Dal 1996 questa villa appartiene al Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO.

Vogliamo procedere con la guida turistica (per camminatori: la macchina non serve date le brevi distanze)? A un tiro di schioppo da Fanzolo sorge il Barco di Altivole, residenza dal 1489 al 1510 della nobildonna veneta Caterina Cornaro, “figlia adottiva della Serenissima” nonché regina di Cipro: fu tra questa residenza e il Castello della vicinissima Asolo che tra gli ultimi anni del ‘400 e i primi del ‘500 Pietro Bembo, il padre riconosciuto della lingua italiana, creò il suo famoso dialogo Gli Asolani, dove si leggono alcune delle più belle descrizioni del delizioso paesaggio e della moderata sontuosità che caratterizzavano il Veneto dell’epoca (e, duole dirlo, non più quello di oggi).

Nella stessa Altivole, paesino appunto limitrofo a Vedelago dalla parte di Fanzolo, sorge poi la Tomba Brion, un complesso funerario disegnato da Carlo Scarpa (che vi è sepolto) tra il 1970 e il 1978. Anche in questa realizzazione, come in tante altre, Scarpa mette in pratica quell’ideale che oggi – soprattutto oggi, a distanza di anni dalla sua morte – l’ha reso un modello a livello internazionale, ovvero la capacità di intervenire sul preesistente, di dialogare con il passato creando costruzioni nuove (e di rara e sobria eleganza) invece di innalzare ex novo edifici radicalmente avulsi dal contesto. E tutto questo, naturalmente, a voler tacere del pittore Zorzi da Castelfranco, la cui memoria, recentemente celebrata, riposa circa 7 km a sud-est.

Ecco dunque che il polverone suscitato attorno alla scuola di Fanzolo assume una caratura diversa: da un lato, infatti, esso ha offuscato la materia più importante (la qualità dell’edificio inaugurato), dall’altro ha legato il nome di Fanzolo non a Bembo o a Scarpa, ma all’episodio dell’inno negato. Fiero sorge il sospetto che si sia voluto piantare una piccola bandierina proprio qui, in quest’area della Marca trevigiana, benedetta dalla storia, che è però anche il cuore del potere del governatore, nato a pochi chilometri.

Che sia accaduto in ragione di uno speciale disegno o piuttosto per colpevole negligenza, il fatto di sabato ha dunque un significato a prescindere: appartiene a una consolidata tecnica comunicativa che i cittadini veneti conoscono molto bene, quella dello “stop and go”: prima si spara un colpo (che di norma mira alla cosiddetta “pancia” dell’elettorato), poi lo si corregge o si cerca una forma di appeasement; a ben vedere, le baionette di Bossi, i maiali di Calderoli, le panchine di Gentilini, i pogrom di Borghezio, sono l’anima stessa di questa forza politica, che governa il consenso dando voce a pulsioni spesso inconfessabili (non di rado create ad hoc per nascondere altri problemi), e nel contempo coopta le persone “dabbene” rassicurandole sulla propria sostanziale moderazione, e agitando slogan più tranquillizzanti (l’ora vacillante “federalismo” in luogo della tanto sbandierata “secessione”, che peraltro domenica in Pontida tornerà inevitabilmente, come accade, a essere evocata).

È una pia illusione che questo lungo processo di retorica scissa – cui l’episodio di Fanzolo ha offerto una sponda forse modesta ma non insignificante – non eroda in profondità la coscienza del vivere civile, che non sposti (anzi, che non abbia già abbondantemente spostato) il baricentro della discussione pubblica, e che non copra una politica che produce i suoi effetti pratici: chi abbia dei dubbi, può utilmente consultare gli archivi di un sito aggiornato in materia. Per non parlare degli effetti a livello nazionale, che sono sotto gli occhi di tutti, basti ricordare il recente caso del dialetto veneto posto come requisito nel concorso per vigili urbani a Battaglia Terme (PD), o il poco clamore suscitato dal pestaggio di un cameriere albanese in pieno centro a Venezia, il 13 settembre scorso, ad opera di leghisti del Bergamasco – a pochi metri (i luoghi parlano) da una strada che ricorda un diverso passato per la città, Calle degli Albanesi.