Intanto l’Europa non c’è

Affianchiamo i nostri titoli metaforici (tipo «guerra per la Mogherini») e le immagini di ieri dall’Ucraina orientale: sarà un’operazione più utile di un saggio di geopolitca, per cogliere il nucleo vero del dramma europeo.

Da una parte ci sono le procedure barocche di Bruxelles, i processi decisionali infiniti, i machiavellismi tra leadership, governi e partiti. Dall’altra, crisi che non aspettano; conflitti che letteralmente esplodono al confine dell’area di influenza col vicino russo; emergenze umanitarie che si aggravano sulle rive del Mediterraneo; una tragedia israelo-palestinese nella quale l’Europa s’è illusa di poter recitare un ruolo, per poi ritrarsi inutile e indesiderata.

Non stiamo qui a dire che la nomina del ministro Mogherini al vertice della politica estera comunitaria sarebbe stato chissà che segnale: anni di baronessa Ashton sono scivolati via come acqua sui sassi. Né il rinvio delle nomine dei commissari di Juncker rappresenta di per sé un dramma: appunto, consuetudini di Bruxelles, tanto la Commissione deve insediarsi tra ottobre e novembre, e nel frattempo le scelte che contano possono consumarsi su altri piani, in altri luoghi ancor più rarefatti e remoti.
Salta però agli occhi che il no contest con cui s’è chiuso il vertice di mercoledì notte conferma la malattia cronica dell’Unione, nient’affatto guarita ora che Angela Merkel è assisa al centro del sistema senza competitori né contrappesi: il nanismo politico. Che a sua volta è figlio del compiacimento col quale le classi dirigenti dei 28 stati giocano permanentemente al proprio Risiko, incrociando veti e ostruzionismi mentre fuori ci sono popoli per i quali la ricca Europa è un mito, o una speranza, o anche solo un aiuto necessario.

L’Italia è andata a Bruxelles con la sua proposta e la determinazione a farsi valere. La nomina di Mrs. Pesc s’è annodata con tante altre partite, e tutti hanno ritenuto meglio far decantare i problemi. Tipica (non) soluzione “all’europea” (obiettivamente non si può più dire: “all’italiana”). Manteniamo ferma l’opzione per un incarico che nessuno ci contesta, e che alla fine probabilmente otterremo. Ma non è una gran consolazione. Perché, con i commissari nominati o senza, l’Europa semplicemente continua a non esistere. Di fronte ai 295 passeggeri del Boeing polverizzati ai suoi confini, alle centinaia di profughi che annegano nei suoi mari, l’Unione non ha molto da dire, né da fare.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.