Il partito della palude contro Renzi

C’hanno provato. E ci proveranno fino all’ultimo, fino a stasera, fino a quando rimarrà una sola possibilità di fermare la corsa della riforma elettorale. Non è esagerato dire che queste sono le ore decisive per capire se l’Italicum è destinato al fallimento immediato, o a un primo e forse decisivo successo parlamentare.
Negli ultimi giorni, il partito che ha lavorato di più è stato il partito dell’ostruzionismo. Lo compongono coloro (di tutti gli schieramenti) che vorrebbero trascinare il gioco della riforma all’infinito, con le tattiche dilatorie applicate negli ultimi anni. Non è che non vogliano una nuova legge: semplicemente, non la vogliono così esigente nei confronti dei piccoli partiti; e soprattutto non vogliono che il suo varo rappresenti una vittoria di Matteo Renzi e della sua leadership.

Qui c’è la questione cruciale. Il punto forte e il punto debole dell’operazione tentata dal segretario del Pd.
Si diceva la verità, quando si prendeva atto (come ha fatto anche il capo dello stato) che Renzi fosse l’unico attore sulla scena in grado di portare a casa il risultato, nell’interesse dell’intero sistema e del buon nome del parlamento, dei partiti e della politica.
Il risvolto di questa medaglia è che a tutti coloro che vogliono soffocare subito le ambizioni del sindaco è stata offerta l’occasione di fargli del male. Magari non battendolo apertamente ma costringendolo ai tempi lunghi, al rinvio, alla palude di Palazzo nella quale annega ogni entusiasmo. Non si può escludere che fra costoro ci sia anche Berlusconi: non dimentichiamo che è lui l’avversario finale di Renzi.
La normalizzazione del nuovo arrivato, la sua riduzione a politico qualunque, la fine della sua eccezionalità: questa è la partita parallela che si gioca, intrecciata a quella sulla riforma elettorale e a quella sul governo, nelle cui difficoltà si vorrebbe coinvolgere il segretario del Pd fino all’estremo di consegnargli palazzo Chigi.

Il partito della palude non capisce quanto male faccia in realtà a se stesso, più che a Renzi. Il sindaco, agile e sfuggente, saprà comunque proporre una versione dei fatti positiva per sé, foss’anche nel ruolo di vittima. Gli altri, tutti gli altri, rimarranno ostaggi dell’unico beneficiario della paralisi: Beppe Grillo, lo scienziato pazzo che ha dato voce e vita a quel Frankenstein della politica che ieri dava del boia al capo dello stato stando seduto tra i simboli della Repubblica italiana.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.