Perché non si vota in autunno

Per quanto agosto si presenti come il più minaccioso e pericoloso dei mesi del 2012, la prospettiva delle elezioni anticipate in autunno rimane remota. E poco auspicabile. L’unica logica che lega il voto anticipato alla nuova micidiale offensiva finanziaria contro l’Italia consisterebbe nella blindatura di un nuovo governo Monti, sostenuto da una maggioranza uguale all’attuale, politicamente rimotivata anche se, naturalmente, molto più debole in parlamento.

Non è un’ipotesi realistica, né accettabile. Non per motivi di parte ma per un’evidenza che si rinnova tutti i giorni. La convivenza di centrodestra e centrosinistra sarebbe perfettamente praticabile, in un quadro d’emergenza, se Berlusconi non avesse deciso che la sopravvivenza della sua parte è indissolubilmente legata alla sua persona. Ma ciò che la persona di Berlusconi reca con sé – come valenza simbolica ma soprattutto come concretissima e quotidiana riproposizione del conflitto d’interesse – rende irripetibile la formula che ha funzionato da novembre a oggi. Anzi, la formula che non ha funzionato: in tutte le materie nelle quali il governo poteva imporre un metodo, un punto di vista e di arrivo e una linea, bene o male s’è proceduto. In tutte le altre, come si vede in parlamento non solo sulle riforme istituzionali, la formula s’è rivelata totalmente inefficace.
L’unità nazionale che potrà cercare di salvare definitivamente l’Italia, sulla scia di Monti e magari al limite con lo stesso attuale premier coinvolto, passa non per l’alleanza con il Pdl, ma per la sua sconfitta e messa ai margini.

Sarà un po’ drastico dirlo così, ma è l’unico modo realistico. I partiti lo sanno, e dalle reazioni di ieri s’è visto che infatti il Pdl (antico alfiere delle elezioni subito, domani, anzi ieri) non ha alcuna fretta. Non dovrebbero avere gran fretta neanche Pd e Udc, in verità. C’è del vero quando si dice che lo scioglimento anticipato verrebbe interpretato dall’opinione pubblica come il fallimento del tentativo di Monti: loro ne pagherebbero un prezzo, in favore delle opposizioni demagogiche del momento.

Ultima annotazione: se davvero siamo in vista di tornanti politici e istituzionali delicati, apparirà più chiaro l’obiettivo dell’informe partito che da settimane e mesi cerca di azzoppare la figura di garanzia che aveva fin qui retto con forza e credibilità. Napolitano serve ancora all’Italia, ancora più di prima.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.