Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

 

Gentile Sig. De Rita,

Le scrivo a nome della categoria che rappresento per chiederle di dare un po’ di spazio e voce alla nostra causa civile che ultimamente sembra essere stata dimenticata, con conseguenze che riteniamo devastanti per la società.

Prima di entrare nel merito della questione, lasci che mi presenti: sono un Punto Interrogativo (nonché membro della Commissione Internazionale per la Salvaguardia della Curiosità).

La mia famiglia ha radici antiche. Discendiamo dalla stirpe dei punti e virgola all’epoca del greco antico, anche se i primi punti interrogativi sono nati nel Medioevo, quando alcuni monaci copisti iniziarono a utilizzare la sigla qo (dal latino “quaestio”) al termine di una frase per indicare la sua natura interrogativa; sigla che nel corso degli anni è stata piano piano modificata fino a essere stilizzata in quell’elegante ricciolo ad avvolgimento antiorario sovrastante verticalmente un punto, che ancora oggi ci contraddistingue.

Il nostro passato parla da sé: siamo stati presenti in tutti i grandi momenti della storia, adoperati come spinta propulsiva di tutti i passi avanti compiuti dall’umanità. Non vorrei sembrarle un presuntuoso, che proprio non fa parte del nostro carattere, ma è innegabile che lì dove c’è un punto interrogativo, c’è progresso, sete di conoscere e voglia di capire.

Senza di noi la storia sarebbe tutta un’altra storia.

Senza l’interrogazione del salmista “Signore, cos’è l’uomo?”, l’uomo sarebbe ancora una bestia e senza i dubbi di Galileo il sole si muoverebbe ancora intorno alla terra.

Non ci sarebbe il senso della meraviglia, tutte le possibilità scomparirebbero, il nuovo sarebbe solo una parola da manuale di marketing. E di misteri poi, non ne esisterebbe neanche l’ombra.

Uso il condizionale, per abitudine dubitativa, ma dovrei utilizzare il tempo presente. Perché questo è il punto della mia lettera a lei, caro Sig. De Rita.

Il punto è che noi punti interrogativi stiamo vivendo tempi difficili. Gradualmente e inesorabilmente, stiamo scomparendo: dai libri, dalle filosofie degli uomini, dai discorsi politici, dalle discussioni tra amici o anche tra quelle tra amanti, dai ragionamenti personali. E, cosa gravissima, anche dal posto dove siamo più utili: dalle scuole.

Il mondo è invaso da una miriade di opinioni, certezze, risposte rapide e concise, affetto da una specie di sindrome ipertimestica.

Sembra che nessuno sia più interessato a conoscere quello che non sa, ma solo a ripetere quello che sa già.

Gli uomini ci tengono in cattività per le loro convenienze utilitaristiche, ci utilizzano per ragioni di estetica (a questo ci siamo ridotti: fare una domanda tanto per fare bella figura…), ci riducono a domande retoriche come preambolo di una risposta.

Si figuri che quei picchiatelli dei pubblicitari (non creda che non sappia che lei per molti anni ha frequentato quell’habitat malsano) sono pure riusciti a inventarsi il “punto esclarrogativo”, un accrocchio orribile di eugenetica grammaticale, ideato come escamotage per attirare l’attenzione della gente.

Se andiamo avanti così siamo destinati all’estinzione. Rischiamo di diventare l’ape sicula dell’interpunzione. Il mondo senza api durerebbe quattro anni si dice; il mondo senza punti interrogativi quanto durerebbe, le chiedo?

E lo vorrei chiedere ai suoi lettori, se lei sarà così gentile di prestarci la sua rubrica e di pubblicare questa lettera e così facendo aiutandoci a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza dei punti interrogativi per lo sviluppo della società in cui viviamo e per poter sognare un mondo più bello di questo.

Vostro affezionato,

?

 

PS: Per ringraziarla, e sperando di farle cosa gradita, noi del Comitato Internazionale per la Salvaguardia della Curiosità, avremmo deciso di regalarle una rara serie consecutiva di domande presa dai nostri Archivi delle Domande di Vitale Importanza, conservata a pagina ventuno del libro “Mente e Natura” di Gregory Bateson.

Eccola:

“Quale struttura connette il granchio con l’aragosta, l’orchidea con la primula e tutti e quattro con me? E me con voi? E tutti e sei noi con l’ameba da una parte e con lo schizofrenico dall’altra?”

Lorenzo De Rita

Vive ad Amsterdam, dove dirige The Soon Institute - un collettivo di inventori che sperimentano e sviluppano prototipi per la società che verrà. Ha aperto recentemente una casa editrice che pubblica libri difficili ed è il co-fondatore di jointhepipe.org