Un primo passo, il più importante

In Italia da mercoledì sera esiste un testo di legge, una maggioranza che ha raggiunto un accordo politico per votarlo e un governo che sottopone la propria stessa esistenza all’approvazione di quel testo. Questo testo, per il meccanismo della fiducia, sarà votato dal Senato in un’unica votazione e la votazione si terrà a scrutinio palese a partire dalle 19 di domani.

Il testo dice che due uomini o due donne che si amano possono andare davanti a un ufficiale dello stato civile e, davanti a due testimoni, formare un’unione civile. L’ufficiale dello stato civile iscrive la coppia nel registro dello stato civile (quello dove si iscrivono tutte le vicende della vita delle persone: nascite, morti, matrimoni, ora anche le unioni civili) e da quel momento a quelle due persone succedono molte cose nuove.

Le nostre due amiche o i nostri due amici da quel giorno avranno l’obbligo reciproco di prestarsi assistenza morale e materiale; potranno stabilire di avere un unico cognome; saranno tenute, ciascuna in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo, a contribuire ai bisogni comuni. Si (perché in quella casa, evidentemente, c’è una famiglia) e fisseranno la residenza comune.

I nostri due amici e le nostre due amiche, se non disporranno diversamente, stabiliranno una comunione dei beni e saranno reciprocamente eredi come fossero stati sposati. Avranno diritto, in caso di morte, al trattamento di fine rapporto dell’altra persona e alla pensione di reversibilità.

In tutte le leggi dove si parla di “coniugi” (con un’eccezione, ma ci arriveremo) le norme si applicheranno anche a loro, e per interrompere la loro unione non basterà che lo decidano, ma bisognerà aspettare tre mesi perché questo accada. I loro amici eterosessuali nella stessa situazione devono aspettarne sei, ma tutti – etero e gay – penseranno probabilmente che quando due adulti decidono di lasciarsi non si capisce perché non possano farlo subito o in un lasso di tempo uguale a quello che servì loro per sposarsi o unirsi civilmente.

Se questo testo diventerà legge sarà un momento storico per l’Italia. Lasceremo il disonorevole gruppo degli Stati dove le coppie omosessuali non hanno alcun riconoscimento e avremo finalmente una legge che riconoscerà diritti e doveri reciproci e nei confronti di terzi. Ma soprattutto avremo una legge che riconoscerà l’esistenza di queste coppie. E con la loro esistenza, il loro riconoscimento e la loro dignità. In un’altra parola, riconoscerà a quelle coppie, e alle persone che le compongono, cittadinanza nel loro stesso paese.

Cosa mancherà loro? Una cosa precisa e una cosa più generale. Quella precisa è il riconoscimento della loro genitorialità. In senso più generale, mancherà loro l’uguaglianza piena davanti alla legge.

Vediamole una alla volta. Quanto alla genitorialità, tutti sappiamo com’è andata. Sembrava esistere una maggioranza politica che potesse approvare la legge con l’inclusione dell’adozione coparentale, ma quella maggioranza si è dissolta come neve al sole alla prima prova possibile. E tuttavia, rispetto a questo enorme problema, questo testo, quanto meno, non peggiora la situazione. Afferma infatti che resterà “fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti” e noi sappiamo che, per fortuna, i giudici italiani già tutelano i minori utilizzando le norme vigenti.

Se il testo fosse andato in aula senza una garanzia di approvazione e fosse stato bocciato o sostituito con qualche soluzione pasticciata (vedi affido rinforzato o altro) il segnale alla magistratura da parte del potere legislativo sarebbe stato totalmente negativo e regressivo rispetto alla situazione attuale. Il PD si è impegnato a presentare subito una legge sulle adozioni alla Camera e anche questa manifestazione di volontà del legislatore sarà un segnale importante per i Tribunali dei minori.

Quanto all’uguaglianza, questa legge dice che queste coppie non saranno unite in matrimonio – come accade in tantissimi altri Paesi – ma in un’”unione civile”. Una cosa molto simile ma diversa, e dunque ancora con un discrimine che è sì giuridico ma che fatalmente avrà dei risvolti anche nella percezione della società.

Sono due questioni fondamentali e pesanti e per questo qualcuno pensa che sarebbe stato meglio non avere alcuna legge. Chi lo dice commette però un grosso errore, perché questa legge ci avvicinerà a entrambi gli obiettivi, non il contrario.

Lo sappiamo guardando all’esperienza di tanti altri Paesi che sono passati da questo snodo prima di noi. In Francia prima del matrimonio ugualitario sono arrivati i PACS. In Gran Bretagna e Irlanda è successo lo stesso con le “domestic partenrships”. Dall’esperienza del Centro Europa, e della Germania in particolare, abbiamo appreso che leggi anche largamente imperfette hanno consentito ai Tribunali e alle Corti Costituzionali di introdurre per via giurisprudenziale contenuti che i legislatori avevano tralasciato.

Però con l’approvazione di questa legge certamente gireremo una pagina, apriremo un capitolo. Se ne accorgerà anche chi oggi non ha voluto cogliere l’occasione per celebrare e ha trovato motivo per sentirsi offeso. Quando la legge sarà approvata dal Senato e poi anche dalla Camera, come accade con tutte le leggi, si trasformerà da parole in vita. Cominceranno a sposarsi le coppie e ad accorgersi che vivere diventerà più facile: sarà più facile amarsi, sarà più sereno vivere, sarà anche più naturale smettere di nascondersi sul lavoro. Sarà sempre terribile ammalarsi, ma si potrà farlo nell’intimità e nel calore della propria famiglia, si potrà anche morire senza paura di lasciare in difficoltà la persona che ci sarà sopravvissuta. Unirsi, sposarsi, significherà invitare a una festa gli amici, i colleghi e le vecchie zie che torneranno a casa con le bomboniere scoprendo che i nostri matrimoni, ohibò, sono proprio come gli altri. Significherà entrare più profondamente nella vita e nelle abitudini delle nostre comunità. Significherà abbattere dei muri, smantellare dei pregiudizi, diventare parte della quotidianità anche di quelli che oggi, per ignoranza, hanno paura di noi. Sarà più facile, dopo, fare delle leggi migliori.

Alcuni di quelli che oggi non hanno festeggiato per ragioni opposte a quelle delle associazioni LGBT proveranno probabilmente a portarcela via, questa legge. Minacce di referendum, ricorsi alla Corte Costituzionale. E sarà allora che scopriremo quanto questa legge è preziosa. Starà a noi difenderla, difenderla e farla crescere. Perché il cammino verso l’uguaglianza, alla fine, è un cammino che non finisce mai. Oggi abbiamo fatto soltanto il primo passo, che come è noto è sempre la parte più importante del viaggio.

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Aggiornamento. I primi lettori di questo post mi chiedono cosa io pensi della mancanza dell’obbligo di fedeltà nelle unioni civili. Non ne ho parlato nel post perché francamente non mi pareva per nulla rilevante in un paese industrializzato di questo secolo. Tuttavia a domanda rispondo: penso che sia un residuato medievale, l’equivalente giuridico della cintura di castità, espressione di una cultura biecamente maschilista di cui dovrebbero liberarsi anche gli eterosessuali quanto prima. Non penso affatto che si possa essere fedeli per obbligo giuridico e dunque, con tutta franchezza, penso che il legislatore invece di pensare se inserirla o meno nelle unioni civili, farebbe bene a pensare di eliminarla quanto prima dal matrimonio.

Ivan Scalfarotto

Deputato di Italia Viva e sottosegretario agli Esteri. È stato sottosegretario alle riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento e successivamente al commercio internazionale. Ha fondato Parks, associazione tra imprese per il Diversity Management.