Il colpo di Stato permanente di Paolo Becchi

Paolo Becchi ha scritto un pamphlet che è un’ordinata e appassionata lettura politica degli ultimi tre anni di vicende italiane. Ma il titolo del libro, che indica con immediatezza la tesi di Becchi, lo pone da subito sotto il segno di un forse involontario paradosso.

“Colpo di stato permanente” è infatti la formula che Mitterrand utilizzò per attaccare la costituzione (semi)presidenziale della quinta repubblica francese voluta da De Gaulle (e ancora in vigore) e soprattutto il tipo di gestione del potere presidenziale che ne discendeva.

Mitterrand diventò però a sua volta presidente, per due settennati consecutivi, imprimendo al presidenzialismo francese una sfumatura “monarchica” che prima in fondo non aveva. E fu un geniale comico, Coluche, che nel 1981 denunciò le contraddizioni della politica francese candidandosi alle presidenziali (ma ritirandosi all’ultimo momento) che incoronarono poi Mitterrand.

Quindi un doppio involontario paradosso nel titolo del libro di Becchi: da un lato il titolo evoca un colpo di stato presidenziale denunciato con la formula coniata da chi poi avrebbe però incarnato la figura del presidente per eccellenza; dall’altro lato l’evocazione di Mitterrand non può non farci venire alla mente anche il comico surreale che con i mezzi della politica si fece beffe del presidenzialismo e che per associazione ovvia di idee ci ricorda proprio quel Grillo che però oggi, con il libro di Becchi, sembra assumere anche la posizione del Mitterrand antipresidenziale. Sarà dunque un Coluche o un Mitterrand quello che il movimento grillista produrrà? Un finto attacco al potere per assumere un potere, o un vero attacco che lo svela ma non lo cambia?

La tesi del libro è presto detta: dalla rimozione di Berlusconi nel 2011, al governo Monti, dal fiscal compact al pareggio di bilancio in costituzione, al ricorso ai “saggi” per le riforme, ai governi Letta e poi Renzi, le vicende politiche italiane recentissime sono il tentativo di Napolitano e di forze partitiche e sovranazionali di rovesciare le istituzioni democratiche, lasciandone intatto l’involucro legale, a favore di un presidenzialismo di fatto, che è a sua volta al servizio dell’euro, di forze oscure, della fuga di sovranità e di crollo sostanziale della democrazia.

Il libro è chiaramente una lettura politica degli avvenimenti al quale si possono opporre opinioni diverse e contrarie e, come è evidente, non è necessario ipotizzare un colpo di stato per criticare il pareggio di bilancio in costituzione o il fiscal compact, o i governi che si sono succeduti in questi anni.

Tuttavia, a volere considerare quella del colpo di stato un’iperbole (l’autore non sarebbe d’accordo, ma io applico questo mio personale principio di carità), il libro tocca alcuni reali cambiamenti in corso. Per esempio la crisi del parlamentarismo italiano, che Becchi, in ottima compagnia, non coglie come tale, ma come attacco alla democrazia. Oppure il ruolo attivo del presidente della repubblica, che per Becchi è colpo di stato ammantato di legalità, ma per molti è il tentativo di non far deragliare il sistema in attesa di riforme che lo rendano più efficiente. O ancora il problema della cessione di sovranità degli stati europei all’Unione europea, che per Becchi è l’imposizione di poteri forti e oscuri (anche qui il linguaggio un po’ complottista a volte affiora), ma dimenticando che la costruzione europea è stata fin dall’inizio una questione di cessione di sovranità (sul come, fino a che punto e in che campi, è stata la discussione da sempre). O ancora la temutissima riforma presidenziale, che per Becchi è la prova provata del “gollismo” permamente che si vuole costruire, ma che è una delle possibilità di riforma tra le tante in campo per rendere i rapporti tra parlamento e governo, che sono due poteri distinti, più chiari. Su un punto Becchi ha ragione, ma credo che la critica debba essere rivolta anche alla linea strategica del movimento 5S, cioè sul fatto che la direzione di certe riforme rischia di escludere il populismo grillino (utilizzo qui “populismo” secondo l’uso che ne fa Casaleggio) dalla possibilità di incidere nel paese.

C’è un ultimo elemento, anche qui paradossale, che va sottolineato. Becchi dà enfasi dalla prima all’ultima riga al fatto che il colpo di stato permanente venga messo in campo senza toccare apparentemente la legalità democratica. In sostanza, Napolitano adempie al suo ruolo rispettando le leggi (tutta quella polemica degli attivisti grillini sul secondo mandato dovrebbe però allora cessare), la caduta di Berlusconi non ha violato alcuna legge, quelli di Monti, Letta, Renzi sono governi del tutto normali (ma allora va spiegato agli attivisti che non è vero che il governo in Italia viene eletto dal popolo) e tuttavia sarebbe comunque in corso un colpo di stato. Un colpo di stato che non si può distinguere dalla legalità democratica se non dando una lettura politica degli avvenimenti.

Ecco di paradosso in paradosso non vorrei che a spingere troppo sul fatto che nella nostra repubblica ciò che è legale e costituzionale e segue le leggi non è democratico, un giorno qualcuno arrivi a convincere gli italiani che ciò che è veramente democratico non ha bisogno di essere legale e costituzionale.

Gianluca Briguglia

Gianluca Briguglia è professore di Storia delle dottrine politiche all'Università di Venezia Ca' Foscari. È stato direttore della Facoltà di Filosofia dell'Università di Strasburgo, dove ha insegnato Filosofia medievale e ha fatto ricerca e ha insegnato all'Università e all'Accademia delle Scienze di Vienna, all'EHESS di Parigi, alla LMU di Monaco. Il suo ultimo libro: Il pensiero politico medievale.