Gay, di tutto, di più

L’omosessualità, la Rai e il diritto o meno di essere invitati in tv a parlarne. Seguono frammenti di un dibattito pubblicato su Libero.

Mio articolo dell’8 novembre:

La Terra gira attorno al Sole, le donne hanno il cervello delle stesse dimensioni dell’uomo e i bambini schizofrenici non vanno portati dall’esorcista. E queste sono notizie, sono fatti: non sono opinioni, non c’è da aprire ogni volta un dibattito, non c’è da reclamare la par condicio per sostenere il contrario, non c’è da invocare una malintesa «libertà di espressione» che rimetta in discussione i fondamentali della civiltà moderna. Non alla Rai, almeno, laddove ci si dovrebbe sforzare di riflettere un minimo la società reale e la media sensibilità dei cittadini. Altre «notizie» sono dunque che l’uomo deriva da una mutazione genetica della scimmia (come hanno dimostrato Darwin e, più chiaramente, Adriano Celentano) e che gli omosessuali non sono dei malati: ecco perché ho trovato sbalorditivo che Libero di ieri (pagina 19) abbia titolato «C’è un problema in Rai: gli omossessuali» laddove ci si lagnava che a «Domenica In» hanno ritirato l’invito a un sostenitore della «cristoterapia» e, in extremis, gli hanno preferito una madre che ha da tempo accettato l’omosessualità del figlio. A parte la battuta scontata (in Rai hanno ben altri problemi che gli omosessuali) l’azienda di Stato ha preferito invitare una persona normale – nel senso: una persona in linea con l’Occidente, con la scienza, con l’Organizzazione mondiale della sanità e con la schiacciante maggioranza degli elettori di destra e di sinistra, cattolici compresi – e ha preferito evitare di far da megafono a un signore secondo il quale l’omosessualità «è un disordine e un disagio esistenziale». Dov’è lo scandalo? Mi piacerebbe chiederlo anche a quel deputato del Pdl, Alessandro Pagano, che ha addirittura annunciato un’interrogazione parlamentare perché la Rai «si è resa protagonista di un disdicevole episodio discriminatorio». Verrebbe da rispondergli che ha ragione, la Rai ha discriminato: e ha fatto bene, perché ha scelto cioè di non concedere la par condicio a fantasmatiche idee già seppellite dalla Storia, dal liberalismo, dal metodo sperimentale, retroguardie di una religiosità retriva e ideologica che da noi, semmai, ha ancora troppo peso anche perché se ne impossessano inquetanti associazioni di genitori: al punto che qualcuno vorrebbe addirittura riproporla a Domenica In. C’è libertà di opinione, come no, ma questo non significa dover restituire una dignità popolare (da servizio pubblico, cioè) a coloro che vorrebbero confinare milioni di omosessuali nei ghetti della patologia, dimenticando – come ha più volte ripetuto ogni fonte autorevole possibile – che l’orientamento sessuale è qualcosa che non può essere cambiato a piacimento. Gli omosessuali esistono come esistono i mancini, ci sono anche tra gli animali, è un fattore naturale e non psicologico, punto. Non sta scritto da nessuna parte che debbano piacere a tutti anche i Gay Pride o altre baracconate controproducenti, o che non possa infastidire l’autocompiacimento gay indubbiamente presente in certe professioni: ma la presenza anche di una coppia omosessuale nel già nutrito cast de «La grande famiglia», fiction trasmessa dalla Rai, per esempio, tende a rispecchiare un consolidato e financo banale orientamento della società, non la supremazia di una qualche lobby che vuole trasformare in froci tutti i nostri figli.
Sono temi, questi, così scontati che anche è imbarazzante doverli riproporre; temi per i quali non esistono neanche più destra e sinistra – dati alla mano – ma solo un’Italia arretrata e una meno. Molti pensano che solo a destra sopravvivano incrostazioni ideologiche tipo quelle che considerano l’omosessualità come una malattia mentale, residui di teorie naziste o spacciate come «scientifiche» da ex pastori evangelici: ma basta a ripensare all’ex piddina Paola Binetti, colei secondo la quale «certe tendenze omosessuali presuppongono la presenza di un istinto che può risultare incontrollabile: da qui scaturisce il rischio pedofilia»; ebbene, nessuno, a destra, si spingerebbe all’equazione gay-pedofilo. Non pubblicamente, almeno.

Seguono due risposte pubblicate su Libero del 13 novembre: una del professor Massimo Introvigne e un’altra dell’onorevole Alessandro Pagano del PdL. Più mia replica.

Caro Direttore, aprendo «Libero» scopro con sorpresa che Filippo Facci vorrebbe negarmi il diritto di esprimermi in televisione – come peraltro ho fatto diverse volte – su un tema specifico che mi sta a cuore, quello dei progetti di legge sull’omofobia e sul «matrimonio» omosessuale. È vero, Facci non cita né me né altri ma solo l’avvocato Giancarlo Cerrelli, vice-presidente dell’Unione Giuristi Cattolici italiani, prima invitato e poi «disinvitato» a Domenica In a causa delle sue posizioni non proprio conformiste su questi temi. Ora, a me è capitato di partecipare a diversi dibattiti con Cerrelli. Non l’ho mai sentito dire che sia giusto picchiare, insultare o discriminare gli omosessuali né che questi ultimi siano dei malati. Certamente Cerrelli sostiene la posizione del Catechismo della Chiesa Cattolica che da una parte – come ricorda Papa Francesco – invita ad accogliere con rispetto le persone omosessuali, senza giudicarle, dall’altra considera gli atti omosessuali come «oggettivamente disordinati» c’è scritto proprio così – e si oppone al riconoscimento giuridico in forme uguali o affini al matrimonio delle unioni omosessuali. Spesso si cita il Papa a sproposito, dimenticando che su questi punti Papa Francesco richiama costantemente alla lettura del Catechismo, e che il rispetto delle persone – un rispetto che, appunto, non giudica mai le persone in quanto tali – e il giudizio negativo su certi comportamenti e certe proposte di legge possono benissimo stare insieme. Sento pertanto l’invito di Facci a mettere a tacere le voci dissenzienti come applicabile, non meno che a Cerrelli, anche a me e a chiunque volesse spiegare e condividere in televisione la posizione dei cattolici come emerge dal vigente Catechismo. Io non chiederei mai che Facci sia escluso da una qualunque trasmissione televisiva sulla base di una censura preventiva sulle sue idee. Gli chiederei rispettosamente di usarmi la stessa cortesia.

Massimo Introvigne, Docente di sociologia presso la Pontificia Università Salesiana e coordinatore dell’Osservatorio della libertà religiosa.

Gentile Direttore, in merito all’articolo «La Rai ha tanti problemi, ma non quello dei gay» premetto che, a differenza di Facci, si debba sempre rispettare l’opinione altrui, sebbene assolutamente non condivisibile, come nel suo caso. Le sue idee infatti riflettono un profondo pregiudizio verso chi ha tesi diverse da quelle delle lobby Glbt, come può testimoniare il tono violento del suo articolo. Il pregiudizio che lo caratterizza è evidente già nel sommario: «Nessuno scandalo se Domenica In non invita chi è arroccato su posizioni fuori dal tempo».
(…) Contrastare ogni forma di sottrazione di spazi di democraticità, come accaduto in Rai significa, al contrario, «essere nel tempo» adoperandosi affinché le conquiste di civiltà ottenute dopo il «ventennio» non vadano irrimediabilmente perdute, né sacrificate nel nome di nuove ideologie che hanno preso il posto delle vecchie, naziste e comuniste.
La revoca dell’invito al vice presidente dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani Giancarlo Cerrelli da parte del programma Domenica In rappresenta, emblematicamente, tutto ciò. La sua esclusione evoca le odiose e intollerabili censure proprie di tutti i regimi autoritari che vogliono imporre il pensiero unico. Un tempo la coercizione e la violenza si esercitavano con lo squadrismo, la minaccia delle armi, dei campi di lavoro, la rieducazione o l’esilio.
(…) Oggi ci si avvale di mezzi più raffinati (…) come l’uso della televisione pubblica per propagandare e amplificare idee e messaggi a senso unico, assolutamente minoritarie nel Paese ma con la presunzione di dominare e cambiare la società.
Per raggiungere questo obiettivo la legge contro l’omofobia ha una funzione strategica (…). La volontà delle lobby gay e delle sue appendici culturali è proprio quella di ghettizzare quanti sono di ostacolo a tale progetto, con metodi che rasentano lo squadrismo, attraverso il dileggio, le minacce e quant’altro. (…) In questi pochi giorni che sono passati dall’approvazione della legge nel primo ramo del parlamento, si contano già a decine i casi di discriminazione al contrario. Dal caso Barilla a Casale Monferrato, passando dalla Rai, l’antipasto è bello e servito. Il pasto sarà la denuncia penale così come prevede la legge quando sarà definitivamente approvata.
Già! Perché il diritto di opinione, la libertà di pensiero e di espressione sono diritti legittimi e sacrosanti, garantiti dalla Costituzione, ma il cui esercizio viene oggi impedito.
E’ gravissimo che giornalisti che si ritengono liberali e democratici e che dovrebbero per questo stare dalla parte della libertà di opinione vogliano invece porre bavagli o scrivano aberrazioni come quella pubblicata quest’oggi dal suo giornale. (…) Siamo arrivati al paradosso che per ascoltare le tesi di Cerrelli si sia dovuto ricorrere a network privati piuttosto che al servizio pubblico.
Ciononostante, l’ideologia gender non riuscirà a tacitare la libertà di opinione e di espressione ed è per tali ragioni e per dire no alla tv di regime e alle reti di connivenza che intorno ad essa ruotano che abbiamo presentato un’interrogazione al presidente della Commissione di vigilanza Rai, a prima firma Gasparri, ma sottoscritta in maniera bipartisan da deputati del Pdl, del Pd e Sc.

Alessandro Pagano, Deputato del Pdl

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Risponde Filippo Facci:

Chiarisco che rispondo a titolo personale e non a nome del direttore di Libero, a cui le lettere sono rivolte – tipicamente – benché l’articolo sia mio. Chiarisco, pure, che la lettera dell’onorevole Pagano è stata ridimensionata in quanto avrebbe occupato quasi una pagina.
Il professor Introvigne, anzitutto, spiega che io non l’ho neppure nominato nel mio articolo. Poi spiega di andare in televisione piuttosto spesso. Poi spiega che in televisione ci va spesso anche il citato avvocato Giancarlo Cerrelli, il quale sostiene le posizioni del Catechismo della Chiesa Cattolica. Poi spiega che c’è un altro personaggio che sostiene pubblicamente le posizioni del Catechismo della Chiesa Cattolica: è il Papa, che non mi pare abbia grandi problemi di visibilità. Dopodiché, dal basso di questo eremo censurato dal regime «politicamente corretto», il professor Introvigne mi attribuisce di volergli negare «il diritto di esprimersi in televisione» e quindi un mio voler «mettere a tacere le voci dissenzienti». Nell’insieme, per quanto gentile sia il tono della sua lettera, trovo questo modo di argomentare decisamente disonesto. Lo invito a rileggersi il mio articolo, laddove di «legge sull’omofobia» e matrimonio omosessuale» non ho neppure mai (mai) parlato.
Io ho parlato del diritto, o meno, di avere uno spazio d’ufficio per sostenere idee che l’Occidente ha ampiamente superato: cioè che gli omosessuali sono dei malati e che perciò vanno curati. Ho sostenuto questo, cioè:
1) Per andare in televisione occorre essere invitati, non esiste nessun «diritto di esprimersi in televisione» che non riguardi i partiti democraticamente eletti o, per quanto riguarda le religioni, dei già esistenti programmi Rai che personalmente abolirei;
2) Figurarsi se esiste un diritto a essere invitati a «Domenica In» in quanto sostenitori di un catechismo religioso;
3) E’ inutile fingere che un catechismo religioso corrisponda a delle idee come le altre, e che tutto il resto sia meramente «conformista» e «politicamente corretto». Io di conformista non ho neanche un’unghia. Ma prima che a una posizione squisitamente religiosa (cui non mancano ampi spazi per esprimersi, come detto) a proposito di un tema come l’omosessualità, soprattutto, lascerei spazio anzitutto a medici, scienziati, esperti veri e, non ultima, giudicherei preziosa la testimonianza che la Rai ha prediletto al posto di quella del giurista Cerrelli, propugnatore di un catechismo e della «cristoterapia»: la testimonianza, cioè, di una madre che ha da tempo accettato l’omosessualità del figlio. Il Paese reale è fatto di gente come lei, non di giuristi e professori allineati a catechismi religiosi. I quali, stra-ripeto, hanno già spazi che questo Paese gli concede d’ufficio.

Detto questo, sostenere genericamente che «si deve sempre rispettare l’opinione altrui» non significa un accidente, anche perché a questo mondo le opinioni sono milioni: e non mi sogno nemmeno di pensare che io le rispetti tutte nello stesso modo. L’onorevole Alessandro Pagano, non a caso militante di Alleanza Cattolica, pretende che la sua idea religiosa abbia a primeggiare: ma personalmente – soprattutto quando non condivise dalla schiacciante maggioranza degli elettori di destra e di sinistra – le idee religiose le lascerei primeggiare solo nelle teocrazie. Lo chiarisco a lui – all’onorevole – perché dalla sua lettera parrebbe del tutto ignaro del Paese in cui vive: non parlo di San Cataldo, comune di cui è originario e dove ci sono processioni quasi tutti i giorni, parlo di un Paese, l’Italia, che molti vorrebbero europeo. L’onorevole Pagano, citandomi, straparla di regimi autoritari, pensiero unico, ghetti, squadrismo, tv di regime, nuove ideologie che hanno sostituito le naziste e comuniste, mi attribuisce cose che non ho mai scritto su nozze e adozioni omosessuali: ma a parte che deve stare più attento a ciò che scrive, lo informo che in aprile la Francia è stato il quattordicesimo paese ad aver introdotto i matrimoni gay mentre l’Italia non contempla ancora le coppie di fatto; in compenso i giornali e i telegiornali celebrano ogni giorno il nuovo Papa, che è appunto propugnatore del catechismo a lui caro. Coloro che ritengono gli omosessuali dei malati da redimere, inoltre, sono corteggiatissimi dai media: perché sono paradossali e ridicoli, certo, resta che in Italia hanno spazi che all’estero non otterrebbero mai. Una lettera come la sua, nell’Europa civile, sarebbe giudicata da Terzo mondo o da Medio Oriente. Ma siamo in Italia: siamo ancora, per grazia dell’onorevole Pagano, uno degli stati più arretrati d’Occidente. Stia contento. Posso solo concludere auto-citandomi con le stesse parole che l’onorevole Pagano ha trovato oltremodo scandalose: «La Rai ha discriminato e ha fatto bene, perché ha scelto di non concedere la par condicio a fantasmatiche idee già seppellite dalla Storia, dal liberalismo, dal metodo sperimentale, retroguardie di una religiosità retriva e ideologica che da noi, semmai, ha ancora troppo peso».

Filippo Facci

Giornalista e scrittore, lavora a Libero, ha collaborato con il Foglio, il Riformista e Grazia. È autore di Di Pietro, La storia vera