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  • Domenica 4 febbraio 2018

In Grecia si protesta contro il nome della Macedonia

Decine di migliaia di greci hanno manifestato contro i negoziati sulla vecchia questione del nome dello stato confinante, che va avanti dal 1991

Manifestazione ad Atene, in Grecia, contro il possibile compromesso del governo greco con quello della Macedonia sul nome di questo paese, il 4 febbraio 2018 (AP Photo/Petros Giannakouris)
Manifestazione ad Atene, in Grecia, contro il possibile compromesso del governo greco con quello della Macedonia sul nome di questo paese, il 4 febbraio 2018 (AP Photo/Petros Giannakouris)

Oggi ad Atene decine di migliaia di persone hanno manifestato contro il possibile compromesso tra il governo greco e quello della Macedonia riguardo a una disputa diplomatica che va avanti dal 1991, e che vista dall’esterno (e non solo) appare abbastanza strana: quella sul nome della Macedonia.

Per anni la Grecia ha chiesto infatti che la Macedonia cambiasse nome, perché “Macedonia” è anche il nome di una regione che si trova nel nord della Grecia (proprio a sud della Macedonia-stato). I tentativi della Grecia hanno previsto, tra le altre cose, anche l’opposizione all’ingresso della Macedonia nella NATO. Nella seconda metà del 2017 il governo macedone ha cercato di risolvere la disputa venendo un po’ incontro alla Grecia, e il ministro dell’Interno greco Panos Skourletis aveva promesso una soluzione alla faccenda quest’anno, anche se sembra attualmente improbabile.

La storia della disputa sul nome della Macedonia

Il problema legato al nome della Macedonia esiste da quando nel 1991 la Macedonia dichiarò la sua indipendenza dalla Jugoslavia scegliendo il nome “Repubblica di Macedonia”, che era lo stesso nome che aveva quando faceva parte della federazione jugoslava. Alcuni cittadini e politici greci accusarono il nuovo paese di essersi appropriato di un nome e di un’identità culturale e storica appartenente a un’area geografica che rientrava nei confini dello stato greco. Secondo questa tesi, la Repubblica di Macedonia si era appropriata di una parte della cultura greca, “sfruttando” la figura storica di Alessandro Magno (a cui è per esempio intitolato l’aeroporto di Skopje, la capitale della Macedonia, anche se dovrebbe presto cambiare nome). Usare quel nome era percepito da questa fazione greca come una minaccia di pretese sulla regione greca della Macedonia.

Una statua che rappresenta Alessandro Magno a Salonicco, nella regione greca di Macedonia, il 17 gennaio 2018 (SAKIS MITROLIDIS/AFP/Getty Images)

Proprio a causa del nome scelto dalla nuova repubblica dell’ex Jugoslavia, negli anni Novanta la Grecia si oppose all’entrata della Macedonia nella NATO e nell’Unione Europea. Per evitare problemi nel 1993 le Nazioni Unite accettarono la Macedonia a patto che il suo nome ufficiale diventasse “Former Yugoslav Republic of Macedonia” (FYROM). Nel 1995 il contenzioso tra Grecia e Macedonia arrivò alla Corte internazionale di giustizia dell’Aja: nel 2011 la Corte diede ragione alla Macedonia, che ha infatti continuato a chiamarsi con il nome scelto nel 1991. Nel frattempo, però, la Macedonia non è ancora entrata né nell’Unione Europea né nella NATO.

La situazione si era aggravata durante il governo del precedente primo ministro macedone, l’ultranazionalista Nikola Gruevski, che aveva fatto ribattezzare aeroporti, autostrade e stadi con il nome di Alessandro Magno, a cui aveva dedicato anche una serie di statue. Le cose però sono cambiate dopo l’elezione del nuovo primo ministro  Zoran Zaev, leader del Partito socialdemocratico, alle elezioni del giugno 2017. Lo scorso dicembre Zaev ha detto: «Rinuncio alla pretesa che la Macedonia sia l’unica erede di Alessandro. La storia non appartiene solo a noi ma anche alla Grecia e a molti altri paesi». Skourletis da parte sua aveva definito la disputa sul nome “Macedonia” «un contenzioso senza senso che dev’essere risolto». Secondo alcune persone informate sui negoziati guidati dall’inviato dell’ONU Matthew Nimetz, la soluzione di compromesso sarebbe ribattezzare la FYROM “Nuova Macedonia”, per distinguerla dalla regione greca, considerata la Macedonia “vecchia”.

Una statua che raffigura Alessandro Magno a Skopje, la capitale della Macedonia, il 2 ottobre 2012 (ROBERT ATANASOVSKI/AFP/Getty Images)

Perché i greci protestano adesso

Le proteste di oggi, così come quelle del 21 gennaio a Salonicco, il capoluogo della Macedonia greca, sono state in parte provocate da Panos Kammenos, il leader del piccolo partito di destra dei Greci Indipendenti (ANEL), con cui Syriza, il partito del primo ministro Alexis Tsipras, si è alleato nel 2015 per poter governare. Per rafforzare il suo consenso tra gli elettori di estrema destra e nazionalisti, Kammenos ha chiesto che venisse organizzato un referendum per chiedere ai cittadini greci se fossero favorevoli a un nuovo nome della Macedonia che contenesse la parola “Macedonia”. Secondo i sondaggi, più del 60 per cento dei greci è contrario: tra di loro c’è anche la Chiesa Ortodossa greca.

Questi sondaggi e le proteste di oggi hanno probabilmente diminuito le probabilità che si riesca a risolvere la disputa sul nome della Macedonia, perché ora Syriza è in svantaggio del 10 per cento rispetto a Nea Demokratia, il partito di centrodestra che è la prima forza di opposizione, e non vuole prendere decisioni impopolari: se organizzasse il referendum sostenendo la linea del compromesso e dovesse perderlo, subirebbe infatti una grave sconfitta politica.