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  • Venerdì 24 marzo 2017

14 paesi americani contro il governo del Venezuela

Hanno chiesto la liberazione dei prigionieri politici e il ripristino delle elezioni rinviate dal presidente Maduro, mentre nel paese l'inflazione è esplosa e la situazione politica è bloccata

Sostenitori di Maduro con cartelli contro il segretario generale dell'Organizzazione degli Stati Americani (OSA), Luis Almagro, Caracas 15 marzo 2017 (FEDERICO PARRA/AFP/Getty Images)
Sostenitori di Maduro con cartelli contro il segretario generale dell'Organizzazione degli Stati Americani (OSA), Luis Almagro, Caracas 15 marzo 2017 (FEDERICO PARRA/AFP/Getty Images)

Giovedì 23 marzo quattordici paesi americani hanno firmato una dichiarazione congiunta per chiedere al governo del Venezuela di stabilire un calendario elettorale. Il testo è stato firmato da Argentina, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica, Stati Uniti, Guatemala, Honduras, Messico, Panama, Paraguay, Perù e Uruguay e dice: «Giudichiamo che debba essere trattata in maniera prioritaria la liberazione dei prigionieri politici, il riconoscimento della legittimità delle decisioni dell’Assemblea Nazionale in conformità con la Costituzione e la creazione di un calendario che includa le elezioni che sono state rinviate». In Venezuela le elezioni presidenziali sono previste per il dicembre del 2018; le elezioni dei governatori e quelle amministrative dovevano invece svolgersi nel dicembre del 2016, ma sono state rimandate al 2017 e non è ancora stata stabilita una data. La situazione politica è da mesi in una fase di stallo.

Attualmente il Tavolo dell’unità democratica (MUD), coalizione di centrodestra all’opposizione, ha congelato i negoziati con il governo del presidente socialista Nicolás Maduro, al potere dal 2013 dopo la morte di Hugo Chávez. La crisi era cominciata nel mese di ottobre 2016. Il MUD, che controlla il parlamento dalla fine del 2015, chiede elezioni anticipate e ha accusato Maduro di aver portato il paese a una grave crisi politica ed economica. Lo scorso ottobre la Commissione elettorale nazionale aveva deciso di sospendere un referendum promosso dalle opposizioni che avrebbe potuto far finire in anticipo il mandato presidenziale di Maduro. Così facendo la Commissione aveva di fatto escluso la possibilità che in Venezuela ci potessero essere elezioni prima della naturale scadenza della legislatura, dato che la legge prevede che negli ultimi due anni di mandato non si possa far cadere il governo anche in caso di approvazione di un referendum contro il presidente. C’erano state grandi proteste e scontri di piazza. I partiti di opposizione volevano organizzare il referendum perché ritengono Maduro responsabile della grave crisi economica in cui si trova il Venezuela, che dura ormai da anni.

Nel paese continuano a mancare cibo e medicinali, con milioni di famiglie in difficoltà e con i costi dei consumi sempre più alti: lo Stato non è più in grado di fornire i servizi basilari e l’inflazione è fuori controllo (nel 2016 è stata di circa l’800 per cento, secondo alcuni documenti della banca centrale). Bloomberg, in modo simile all’indice Big Mac creato dall’Economist, ha monitorato in Venezuela il prezzo del cappuccino settimana dopo settimana in una panetteria di Caracas, la capitale. Il risultato è che nelle ultime 31 settimane il prezzo è esploso arrivando a 1.800 bolivar dai 450 iniziali, con un incremento del tasso di inflazione annuo pari al 932 per cento. Anche se il “Café Con Leche Index” ha ovviamente molti limiti e non può essere paragonato all’indice dei prezzi al consumo, dà comunque molto in concreto l’idea e la portata dell’attuale situazione del Venezuela.

La scorsa settimana il segretario generale dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA), Luis Almagro, ha pubblicato un rapporto di 75 pagine sulla situazione politica venezuelana. L’OSA è un’organizzazione internazionale che comprende 35 stati delle Americhe: è il principale luogo di discussione politica per la soluzione di problemi, per il mantenimento della pace e per il miglioramento delle condizioni sociali ed economiche dei paesi che ne fanno parte. Per l’OSA, l’attuale Venezuela è come una “dittatura”. Nel documento si fa riferimento alla possibilità di sospendere il paese dall’organizzazione, se non si terranno al più presto elezioni politiche «libere e trasparenti» e alla presenza di osservatori internazionali. Due giorni fa il presidente Maduro ha risposto accusando Almagro di voler promuovere “un intervento internazionale” contro il suo governo e ha annunciato in un discorso pubblico che le principali responsabili di questa situazione sono le opposizioni: a suo parere è contro di loro che l’OSA dovrebbe intervenire. «Le prigioni sono piene di spazio per i traditori», ha anche detto. Il parlamentare filo-governativo, Victor Clark, ha poi dichiarato che è stata depositata una denuncia contro l’opposizione presso la Corte Suprema.

I quattordici firmatari della dichiarazione si dicono “profondamente preoccupati” per la situazione di crisi politica, economica e sociale del Venezuela. Spiegano che si prenderà in considerazione “con attenzione” il rapporto del Segretario generale dell’OSA «al fine di concordare una strategia di azione appropriata». Chiedono infine al governo di Maduro di garantire l’effettiva separazione dei poteri, il rispetto dello stato di diritto e delle istituzioni democratiche: il 22 marzo, durante un evento per la Giornata Mondiale dell’Acqua, dopo aver annunciato la creazione nel sud del Venezuela del più grande parco nazionale del mondo, Maduro ha dichiarato che tutte le decisioni dell’Assemblea Nazionale sono nulle.