• Italia
  • Mercoledì 8 giugno 2016

La storia del manifestante assolto per le proteste contro Expo

Era stato accusato di aver colpito un agente con un sasso e di aver resistito all'arresto: ma la ricostruzione della polizia è stata giudicata inaccurata

(FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images)
(FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images)

Mirko Leone, un uomo di 28 anni di Lodi, è stato assolto dal Tribunale di Milano dall’accusa di resistenza aggravata a pubblico ufficiale: Leone era stato accusato di avere colpito con un sasso in testa il vicequestore di Milano Angelo De Simone e di aver resistito al successivo arresto, negli scontri avvenuti il primo maggio 2015 a Milano durante la grande manifestazione contro Expo. Il processo a Leone si basava sul verbale compilato dai tre poliziotti Alessio Cianatiempo, Riccardo Matta e Antonio Cota e dal vicequestore De Simone: la loro ricostruzione degli eventi del primo maggio 2015 è stata però giudicata impossibile, dopo essere stata confrontata con alcuni filmati e con le testimonianze di altri poliziotti. Leone è stato assolto dalle due separate accuse di resistenza aggravata delle quali era accusato perché «perché il fatto non sussiste» e «per non aver commesso il fatto». Il Tribunale di Milano ha anche ordinato che gli atti sulle testimonianze dei poliziotti che compilarono il verbale siano trasmessi alla Procura di Milano, perché determini se ci sia stata una falsa testimonianza.

Luigi Ferrarella ha spiegato sul Corriere della Sera che Leone era stato fermato dai poliziotti in via Pagano, nel centro di Milano subito a ovest di Parco Sempione, e che c’era stato uno scontro con alcuni altri manifestanti che volevano difendere Leone dall’arresto. Nel verbale i poliziotti scrissero che Leone aveva tirato un sasso in testa a De Simone nella poco distante piazza della Conciliazione. Leone, che Ferrarella definisce «non particolarmente inserito nell’ambiente “antagonista”», passò tre mesi in carcere e due mesi e mezzo agli arresti domiciliari, «che all’inizio gli erano stati negati perché per il Tribunale del Riesame la sua casa sarebbe potuta diventare altrimenti “un covo di terroristi”». Gli avvocati di Leone Micaela Nitrosini e Filippo Caccamo hanno però dimostrato come la ricostruzione non fosse compatibile con alcuni video di quel giorno nei quali compariva Leone.

Il pubblico ministero Piero Basilone, cioè la parte accusante nel processo, ha quindi ricostruito che Leone era già stato fermato in piazza della Conciliazione dal poliziotto Antonio D’Urso (lo stesso che venne ripreso mentre veniva picchiato da un manifestante, in un video circolato molto online). Leone era senza documenti ed era stato affidato da D’Urso a un altro poliziotto. Secondo questa ricostruzione, Leone non poteva essere stato fermato in via Pagano come descritto nel verbale alla base del processo. Spiega Ferrarella che c’era però un vuoto nella ricostruzione del pm Basilione, un breve periodo di tempo nel quale «sempre in teoria si poteva ipotizzare che Leone, fermato in piazza Conciliazione, avesse riguadagnato la libertà per qualche momento, e in questa parentesi avesse di nuovo opposto resistenza a pubblico ufficiale nei termini descritti dal verbale». Il capo della DIGOS di Milano Claudio Ciccimarra ha però chiesto a tutti i propri agenti se ricordassero Leone: un’agente lo ha riconosciuto e si è ricordata di avere ricevuto in custodia Leone da un altro agente, a cui a sua volta era stato affidato Leone in piazza della Conciliazione.

Ferrarella spiega che il pm Basilione ha ritenuto che «se il secondo episodio non poteva essere avvenuto con le modalità testimoniate dai poliziotti verbalizzanti, costoro non potevano essere di per sé ritenuti sufficienti a dare credibilità neppure al primo episodio». Ha quindi chiesto l’assoluzione per Leone, che è stata accordata – insieme alla trasmissione alla procura degli atti del processo – dalle giudici Giovanna Campanile, Maria Cristina Pagano e Ombretta Malatesta.