• Mondo
  • Lunedì 11 aprile 2016

Cameron si è difeso in Parlamento sui Panama Papers

Il primo ministro britannico ha dato la sua versione riguardo ai suoi investimenti in società off shore, e ha promesso misure più severe contro l'evasione fiscale

(Carl Court/Getty Images)
(Carl Court/Getty Images)

Lunedì 11 aprile il primo ministro britannico David Cameron ha parlato al Parlamento per difendersi dalle accuse riguardo ai suoi investimenti in società off shore emersi dopo la pubblicazione dei cosiddetti Panama Papers, i documenti riservati di una grande società che si occupa di affari in paradisi fiscali che sono stati oggetto di un’ampia inchiesta giornalistica internazionale. Nei Panama Papers il nome di Cameron compare in relazione a un investimento di circa 38mila euro in una società off shore gestita da suo padre, detenuto fino al 2010, l’anno in cui venne eletto primo ministro. Da giorni in Inghilterra ci sono proteste contro Cameron, per chiederne le dimissioni.

Cameron nel suo discorso ha ribadito quanto spiegato pochi giorni fa in un’intervista speciale per l’emittente televisiva ITV condotta dal giornalista Robert Peeston, e cioè che vendette le azioni prima di diventare primo ministro, per non avere conflitti d’interessi. Riguardo le attività del padre, dal quale alla sua morte nel 2010 ereditò circa 300mila sterline, Cameron ha detto che sono state dette negli scorsi giorni diverse cose false: «so che era un grande lavoratore e un meraviglioso papà, e sono fiero di tutto quello che ha fatto». Ian Donald Cameron era un famoso broker della City, il quartiere finanziario di Londra, e David Cameron negli scorsi giorni aveva detto che “ovviamente” non era in grado di indicare da dove siano arrivati con precisione quei soldi. Cameron ha ricordato al Parlamento che dopo le rivelazioni dei Panama Papers ha pubblicato tutte le informazioni sui suoi redditi e sulle tasse pagate negli ultimi sei anni, ma ha detto – in un passaggio molto applaudito dall’aula – che non crede che dovrebbero farlo tutti i parlamentari, perché sarebbe un errore abbandonare completamente la privacy sui redditi dei politici.

Cameron ha anche sostenuto la necessità di distinguere tra i fondi di investimento che «riducono artificialmente le tasse» e quelli che «incoraggiano gli investimenti». Ha spiegato che già prima della pubblicazione dei Panama Papers i territori britannici delle Isole Vergini Britanniche, delle isole Cayman, delle Bermuda, dell’Isola di Man e di quella di Jersey – considerati paradisi fiscali – avevano accettato di «scambiare automaticamente informazioni sui profili finanziari» dei detentori dei capitali a partire da settembre, e ha annunciato una nuova iniziativa per punire le società che «non impediscono ai propri dirigenti di facilitare l’evasione fiscale», rendendole penalmente perseguibili.

Jeremy Corbyn, leader del partito laburista, ha criticato in aula il discorso di Cameron, che ha definito «una lezione sull’arte della distrazione», accusando il primo ministro di aver fatto troppo poco per combattere l’evasione fiscale. Cameron ha risposto dicendo che il partito laburista è un «nemico delle ambizioni», difendendo il diritto di lasciare la propria eredità ai figli senza che questa venga tassata eccessivamente, come vorrebbe il partito laburista. Dennis Skinner, parlamentare di 84 anni ed ex leader del partito laburista, ha posto una domanda a Cameron chiamandolo “dodgy Dave” (dodgy significa “losco”): ci sono state molte proteste, e il presidente della Camera John Bercow gli ha chiesto di ritirare l’offesa. Skinner l’ha invece ripetuta, ed è stato costretto ad uscire dall’aula.

Dopo Cameron, hanno diffuso le proprie dichiarazioni dei redditi anche altri importanti politici britannici. George Osborne, ministro delle Finanze britannico, ha diffuso le informazioni sulle proprie entrate: nello scorso anno ha guadagnato circa 200mila sterline, integrando lo stipendio da ministro con profitti dovuti a rendite immobiliari e a un’azienda di famiglia. Anche Boris Johnson, sindaco conservatore di Londra, ha comunicato i propri guadagni l’anno scorso, che sono stati circa tre volte maggiori di quelli di Cameron e Osborne. Con lo stipendio da sindaco, i diritti sui suoi libri e i compensi per i suoi editoriali sul quotidiano Daily Telegraph ha guadagnato circa 600mila sterline. Tra i politici dell’opposizione ha diffuso la propria dichiarazione dei redditi Jeremy Corbyn, che oltre allo stipendio da parlamentare, di circa 70mila sterline, ha guadagnato poco meno di duemila sterline grazie a delle conferenze. L’unico importante politico britannico a non aver diffuso la propria dichiarazione dei redditi è Nigel Farage, leader del partito di destra dell’UKIP.