L’ultima chiamata per Philae

Il lander della missione Rosetta atterrato più di un anno fa sulla cometa non si fa sentire da mesi, restano poche settimane per provare a risvegliarlo

Una elaborazione grafica che immagina Philae dopo il suo arrivo sulla cometa (ESA)
Una elaborazione grafica che immagina Philae dopo il suo arrivo sulla cometa (ESA)

I responsabili della missione Rosetta – la sonda che da più di un anno rincorre la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko per raccogliere dati e studiarla – attendono da domenica di ricevere un segnale dal lander Philae, che si trova sulla cometa e che non si fa più sentire dalla scorsa estate. Dalla Terra è stato inviato un comando per fargli compiere una piccola manovra sulla superficie di 67P/C-G, nella speranza che la nuova posizione sia più favorevole per la trasmissione di dati e per l’esposizione alla luce del Sole, essenziale per ricaricare la sue batterie tramite i pannelli solari. Secondo i ricercatori, ci sarà tempo fino alla fine del mese per ottenere qualche nuovo dato da Philae, poi la cometa sarà troppo lontana dal Sole e fredda per consentire al lander di funzionare sulla sua superficie a oltre 235 milioni di chilometri dalla Terra.

Philae divenne molto famoso nel novembre del 2014 quando fu il primo oggetto a essere costruito dall’uomo a compiere un atterraggio controllato su una cometa, dopo essere stato trasportato per centinaia di milioni di chilometri dalla sua compagna, la sonda Rosetta. L’operazione fu un successo, ma Philae atterrò in una posizione imprevista e smise di funzionare dopo circa tre giorni, quando si scaricarono le sue batterie senza possibilità di poterle ricaricare tramite i pannelli solari. Philae si era poi riattivato per un breve periodo di tempo la scorsa estate, grazie all’aumento della luce sulla cometa in avvicinamento al Sole: aveva inviato una serie di dati a Rosetta, che a sua volta li aveva poi trasmessi sulla Terra. Il lander si era poi nuovamente disattivato senza dare più sue notizie.

Foto cometa 67P/Churyumov–Gerasimenko - Missione Rosetta

Dopo mesi di silenzio e considerato il progressivo allontanamento dal Sole della cometa, nelle ultime settimane i responsabili della missione Rosetta hanno concluso che fosse arrivato il momento di prendersi qualche rischio in più con Philae. Domenica 10 gennaio hanno inviato un comando al lander per attivare la sua “flywheel”, una specie di piccolo volano montato sul robot per aiutarlo a stabilizzarsi durante la sua delicata manovra di atterraggio nel 2014.

Il movimento della ruota, pensavano i tecnici, avrebbe fatto cambiare posizione e orientamento a Philae e ai suoi pannelli solari, in modo da aumentare le probabilità di tornare a ricevere dati dal lander. A distanza di un paio di giorni dall’invio del comando, però, Philae non si è ancora messo in contatto con Rosetta e non sembra esserci molto ottimismo tra i responsabili della missione. Gli strumenti della sonda Rosetta, che si trova in orbita intorno alla cometa, hanno comunque effettuato diverse rilevazioni, ancora oggetto di studio da parte dei tecnici per capire se effettivamente Philae abbia ricevuto ed eseguito il comando per fare muovere la sua flywheel.

Nei prossimi giorni i tecnici della missione spaziale continueranno a eseguire nuovi tentativi per mettersi in contatto con Philae, mentre gli strumenti di Rosetta continueranno a rimanere in ascolto per eventuali trasmissioni dalla superficie della cometa. A fine gennaio, 67P/C-G e i due robot che le tengono compagnia da più di un anno saranno a più di 336 milioni di chilometri dal Sole e le possibilità di recuperare una connessione saranno praticamente inesistenti.

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Comete
Da giovane, il nostro sistema solare era piuttosto turbolento. Le comete che attualmente fanno parte della nube di Oort, la cui esistenza è solo ipotizzata perché è talmente lontana e buia da non essere osservabile coi sistemi attuali, si formarono in un’area compresa tra Urano e Nettuno, a una distanza dal Sole sufficiente per rendere possibile l’esistenza di acqua ghiacciata. Dopo la loro formazione si sparpagliarono a grandi distanze dal sistema solare a causa dell’interazione delle loro orbite con i quattro giganti gassosi Giove, Saturno, Urano e Nettuno. Altre comete si formarono invece oltre Nettuno nella cosiddetta fascia di Kuiper, dove si trovano tutt’oggi (sono le “comete gioviane”). A volte succede che alcuni di questo corpi celesti, come 67P, si spostino verso la parte più interna del sistema solare e restino poi agganciate da un’orbita che le porta a girare intorno al Sole.

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