Il parassita che è in noi

Un biologo ceco è convinto che un parassita dei gatti sia in grado di modificare il comportamento umano, con conseguenze che vanno dagli incidenti stradali alla schizofrenia

Nell’ultimo capitolo del Gene egoista (1976), uno dei libri di biologia evolutiva più influenti e di maggior successo degli ultimi quarant’anni, il suo autore Richard Dawkins racconta – e ci perdoni la brutale semplificazione, che troverebbe sicuramente scorretta – i diversi modi in cui un essere vivente può modificare il comportamento di un altro essere vivente. (Il libro di Dawkins, tra l’altro, ha inventato il termine “meme”.) Tra i diversi esempi che porta, uno dei più impressionanti è quello degli esemplari di una specie di formiche diffusa in Tunisia, il Monomorium santschii. Questo insetto, che è privo della casta di operaie, è in grado di inserirsi nel nido di un’altra specie di formiche e di secernere una sostanza (non è chiaro quale) che “convince” le formiche operaie di quel nido a uccidere la loro regina, che è anche loro madre. La formica “intrusa” si insedia quindi al posto della vecchia regina e da allora in poi viene nutrita e protetta dalle operaie.

Gli esempi del bel libro di Dawkins e la sua tesi principale – che l’unità fondamentale dell’evoluzione non sia l’individuo o la specie, ma il gene – colpirono parecchi anni fa anche Jaroslav Flegr, che oggi ha 53 anni e insegna biologia evolutiva all’Università Carolina di Praga, una delle istituzioni universitarie più antiche dell’Europa centrale. A partire dall’inizio degli anni Novanta, Flegr ha pubblicato molti lavori scientifici su un’ipotesi che suona molto bizzarra e apparentemente poco plausibile: che un organismo unicellulare, il Toxoplasma gondii, influisca sul comportamento umano tanto da essere indirettamente responsabile di un aumento dei incidenti stradali e possa causare una serie di gravi malattie, tra cui la schizofrenia.

Il primo individuo in cui Flegr ha creduto di osservare l’influenza del protozoo T. gondii è stato se stesso, come ha raccontato l’Atlantic in un lungo articolo su Flegr e le sue ricerche. Dopo aver letto Il gene egoista, il biologo osservò una serie di comportamenti “autodistruttivi” che gli sembravano simili a quelli di uno degli animali parassitati descritti nel libro: tra cui, ha raccontato alla giornalista, l’abitudine di attraversare la strada senza fare nessun caso alle macchine e la mancanza di scrupoli o di prudenza nell’esprimere critiche al regime sovietico cecoslovacco.

Il Toxoplasma gondii
Alla facoltà di biologia dell’Università Carolina di Praga, dove Flegr arrivò nel 1990, gli studi su T. gondii erano da lungo tempo molto avanzati: i ricercatori stavano cercando metodi migliori per rilevare la presenza del parassita negli esseri viventi. Flegr si offrì per fare un esame e dal suo prelievo del sangue emerse che era stato infettato dal parassita. Non era certo l’unico, dato che gli esseri umani possono entrarci in contatto mangiando frutta non lavata bene e carne cruda o poco cotta: in alcuni paesi europei come la Francia il 55 per cento degli individui ha il parassita.

Un altro modo di entrare in contatto con il parassita è attraverso i gatti, che sono i principali organismi ospiti primari del T. gondii. Solo all’interno dei gatti il parassita è in grado di riprodursi, dopo di che viene espulso tramite le feci e di qui passa ad altri animali (come i roditori, gli uccelli e il bestiame) e all’uomo: nelle donne incinte è noto per causare la toxoplasmosi, che può avere conseguenze molto gravi sul feto. Per questo motivo si consiglia alle donne incinte di evitare i gatti (e soprattutto le lettiere).

Negli uomini e nei bambini, ad ogni modo, si è soliti pensare che il parassita abbia poche conseguenze: una breve influenza, dopo di che l’organismo ha la meglio sul microbo e questo rimane inattivo nelle cellule cerebrali. Secondo Flegr, invece, il parassita è in grado di intervenire sulle connessioni neuronali e di influenzare quindi il nostro comportamento, il nostro carattere e la nostra risposta in alcune situazioni quotidiane. Uno degli articoli scientifici che dette a Flegr una momentanea popolarità, pubblicato nel 2005 su BioMed Central insieme a quattro collaboratori, metteva in correlazione l’infezione da T. gondii con una maggior incidenza degli incidenti stradali. Flegr è convinto che il parassita abbia un’influenza anche sui suicidi e su malattie mentali come la schizofrenia, tanto che, ha detto all’Atlantic, il T. gondii potrebbe essere responsabile di almeno un milione di morti all’anno.

L’influenza di parassiti microscopici sul comportamento umano e in generale dei grandi mammiferi sono molto rare e avvengono, per quanto se ne sa, soprattutto nei crostacei e negli insetti. Uno dei pochissimi esempi è quello del virus della rabbia: negli organismi che vengono infettati, come gatti, furetti, pipistrelli e cani, responsabili della stragrande maggioranza dei casi di rabbia nell’uomo, il virus si installa nel cervello e passa poi nella saliva dell’animale, che diventa molto aggressivo e cerca con frequenza di mordere, facilitando la trasmissione del virus.

Le ricerche di Flegr
In Repubblica Ceca, oggi come vent’anni fa, la percentuale degli individui che hanno contratto l’infezione da T. gonfii è di oltre il 30 per cento. Flegr iniziò le sue ricerche sottoponendo a un gruppo di persone infette e a un altro di persone che non avevano il microbo lo stesso test della personalità; in una serie diversa di test provò a registrare i loro tempi di reazione. Secondo i suoi risultati, poi pubblicati in diversi articoli scientifici e alla base della ricerca sugli incidenti stradali, i soggetti che avevano il parassita aveva tempi di reazione inferiori.

(nella prossima pagina: la ricerca di conferme alle teorie di Flegr)

Nei test della personalità, inoltre, i maschi con il parassita presentavano alcune differenze rispetto all’altro gruppo: erano, scrive l’Atlantic, tendenzialmente “più introversi, sospettosi, indifferenti all’opinione altrui su di loro e inclini alla trasgressione delle regole”. Le donne, invece, sembravano presentare differenze nel senso opposto: “più estroverse, fiduciose, consapevoli di sé e legate alle regole” rispetto a quelle che non avevano il parassita. Flegr cercò e trovò conferma di questi risultati sorprendenti in diversi altri gruppi di persone. I risultati si riflettevano anche nel modo di vestire e nella vita sociale delle persone. Flegr crede di trovare una spiegazione alle differenze dei risultati nei generi negli studi di psicologia, in particolare nelle differenze con cui uomini e donne reagiscono a livelli crescenti di ansia. I primi tendono a chiudersi in sé stessi, mentre le donne diventano più estroverse.

Molte persone affette da schizofrenia mostrano una diminuzione della corteccia cerebrale, la parte più esterna del cervello spessa pochi millimetri, di colore grigio e importante per la coscienza dell’individuo, la memoria e il linguaggio. Secondo Flegr, questa riduzione è uno degli effetti di T. gondii. In un articolo recente, ha pubblicato i risultati di una serie di esami sul cervello di 44 pazienti affetti da schizofrenia, che in 12 casi avevano una riduzione della corteccia. In quasi tutti i casi, chi aveva una riduzione della corteccia era anche positivo agli esami per la presenza di T. gondii.

Le ricerche coordinate da Flegr hanno ricevuto finora poca attenzione nella comunità scientifica internazionale, fatto che l’Atlantic attribuisce, riportando anche l’opinione dell’interessato, al fatto che Flegr non è molto abile a parlare in inglese e al suo carattere introverso. Flegr, bisogna aggiungere, ha pubblicato molti lavori sull’influenza di T. gondii dal 1996 a oggi, ma tra le sue attività di maggior rilievo internazionale è uno tra il centinaio di membri del comitato di redazione di Neuroendocrinology Letters, una rivista scientifica con un impact factor molto basso (l’impact factor o IF è un numero che valuta indirettamente la reputazione di una rivista). Il comitato di redazione, a fianco di ricercatori e medici rispettabilissimi, accoglie anche persone dai risultati scientifici molto contestati (come Giuseppe Di Bella, figlio dell’ideatore del Metodo Di Bella per la cura dei tumori). L’interesse per le teorie di Dawkins non lo ha abbandonato: pochi anni fa, Flegr ha scritto un libro dal sottotitolo “Addio al gene egoista.”

La ricerca di conferme
Ad ogni modo, i suoi risultati cominciano ad essere ripresi e approfonditi anche in sedi prestigiose. L’Atlantic cita Robert Sapolsky, professore di biologia all’università californiana di Stanford, che valuta gli studi di Flegr “condotti bene” e dice di “non vedere ragioni di dubitarne”. Alcune ricerche coordinate dallo stesso Sapolsky hanno portato a risultati notevoli, che sembrano andare nella stessa direzione delle conclusioni di Flegr.

In particolare, l’infezione di T. gondii sembra in grado di modificare il comportamento dei topi per quanto riguarda la loro avversione naturale ai gatti, capovolgendola e sostituendola con una vera attrazione, fatale per il roditore (ma ben favorevole al felino, ovvero all’ospite più importante di T. gondii: un risultato che piacerebbe sicuramente a Dawkins). Questo accade perché il parassita interviene nelle parti del cervello del topo che hanno a che fare con l’ansia, la paura e l’eccitamento sessuale.

Un’altra serie di ricerche che sembrano confermare i risultati di Flegr sono state condotte da Joanne Webster, una parassitologa all’Imperial College di Londra. Anche Webster ha lavorato sui roditori, e insieme a un gruppo dell’università di Leeds ha scoperto la presenza di due geni nel parassita che sono in grado di danneggiare la produzione di dopamina nel cervello dell’organismo ospite. La dopamina è una molecola che funziona come neurotrasmettitore e che è connessa alla paura, al piacere e all’attenzione. I malati di schizofrenia hanno livelli di dopamina più alti del normale.

La dimostrazione degli effetti sull’uomo, nonostante le convinzioni di Flegr, sono ancora lontani dall’essere dimostrati, e gli altri scienziati che si sono occupati della questione hanno mostrato grandi cautele. Secondo quanto Webster ha detto all’Atlantic, “nella grande maggioranza delle persone, [la presenza di T. gondii] non produce alcuna patologia, e quelli su cui ci sono effetti dimostreranno soprattutto lievi cambi nel comportamento. Ma in un piccolo numero di casi, l’infezione da T. gondii potrebbe essere legata alla schizofrenia e ad altri disturbi collegati a livelli di dopamina alterati, come il disturbo ossessivo-compulsivo e problemi di umore.”

Secondo lo psichiatra E. Fuller Torrey, che si occupa da anni di schizofrenia, la teoria dell’influenza di un parassita si accorda bene all’evoluzione storica della schizofrenia: anche se molti sono convinti che questa ci sia sempre stata, in tutte le società e in tutte le epoche storiche, gli studi di epidemiologia dimostrerebbero che in realtà la schizofrenia non si sarebbe veramente diffusa fino alla seconda metà del XVIII secolo, che è proprio il periodo storico in cui nelle grandi metropoli europee si è iniziato a tenere in casa gatti come animali domestici.

(nella prossima pagina: che fare con il proprio gatto)

Lo psichiatra è conosciuto per la sua convinzione che le cause della malattia provengano dall’ambiente naturale e non dalla società, oltre che per le critiche molto decise ai trattamenti sanitari, a suo dire inadeguate, che vengono riservati a chi soffre di malattie mentali negli Stati Uniti. Il microbo che causa la toxoplasmosi, dice Fuller Torrey, potrebbe essere il principale di una serie di agenti infettivi responsabili di circa tre quarti di tutti i casi di schizofrenia.

Flegr parla poco, con un tono basso e tranquillo, e ha due ciuffi di capelli rossi che gli sporgono dai lati della testa: si veste in modo trasandato e sembra impersonare il tipico soggetto che ha contratto l’infezione da T. gondii e ne ha ricevuto qualche influenza sul carattere, come emergeva dai primi test della personalità che somministrava una ventina di anni fa – in mancanza di fondi per operare direttamente sul protozoo – all’Università Carolina di Praga.

Ma anche Flegr non consiglia di eliminare dalla propria vita domestica gli ospiti principali di T. gondii, i gatti: quelli che vivono nelle case e non hanno a disposizione un giardino non portano il parassita, e anche quelli che ne sono infettati lo portano solamente per tre settimane. Quelli più a rischio sono gli esemplari giovani, che hanno iniziato da poco a cacciare. È più importante, ha detto all’Atlantic, lavare accuratamente i vegetali, evitare l’acqua che potrebbe essere contaminata dalle feci dei felini e mangiare la carne ben cotta (o precedentemente congelata). Anche perché, una volta che il parassita ha colpito, è impossibile togliere le cisti che forma nel tessuto cerebrale, dato che queste sono impermeabili all’azione degli antibiotici.