Il pianto di Lele Mora

C’è un’immagine che, insieme ad altre, racconta questo clima da mondo che si sgretola: è il pianto di Lele Mora davanti ai giudici del Tribunale del Riesame di Milano. È un’immagine solo raccontata, perché non c’erano fotografi e telecamere, che provoca pena e rabbia insieme. Lele Mora è dimagrito di 15 chili. Mi ha ricordato una scena di tanti anni fa. Era il 1994, l’ex ministro della Sanità Francesco De Lorenzo si presentò davanti alla corte per rispondere di reati legati alla corruzione. Da molte settimane era in carcere, a Poggioreale. Era stravolto, distrutto, dimagrito fino al collasso. Il presidente della corte si alzò, lo prese sottobraccio e in modo del tutto irrituale lo portò in una stanza del tribunale. Credo che gli parlò, che gli disse di tenere duro, di essere coraggioso e dignitoso. Era anche allora, soprattutto allora, un mondo che crollava. Il volto arrogante del potere si trasformava in espressione di dolore incontenibile. Qualcuno allora gioì vedendo De Lorenzo in quelle condizioni e fu una cosa indegna, così come credo che sia terribile adesso pensare che qualcuno sia felice perché Lele Mora è in carcere. Però allora come oggi viene da chiedere, a De Lorenzo come a Lele Mora e come a decine e centinaia di altri: «Ma non lo immaginavate che stavate andando a sbattere, che la caduta sarebbe stata fragorosa?».

Lele Mora probabilmente non è simpatico, ha incarnato l’avvitamento folle di uno spettacolo grottesco. Lavitola e Tarantini non sono l’Italia, hanno scritto proprio oggi sul Post. Ma siamo sicuri che sia così? Non sono forse stati l’Italia così come si è mostrata e vantata, tra finti vulcani che esplodono e torrenti di denaro a volte sotterraneo a volte esposto? Provate a leggere le parole di Tarantini e Lavitola e poi i dialoghi di un qualsiasi Vacanze di Natale. Ha anche il cognome, Lavitola, da grottesco protagonista di una di quelle che chiamano parodie. È tutto vero, è sempre stato tutto vero.

Il tribunale del riesame ha deciso che Lele Mora deve restare in carcere: “indipendentemente dal ruolo di Silvio Berlusconi, all’indagato non mancano in concreto i mezzi, le capacità e le possibilità di darsi alla fuga”, hanno scritto i giudici. Per il tribunale, Mora dispone di una rete di relazioni su cui può contare per fuggire. E poi ci vogliono altre indagini perché, scrivono ancora i giudici, “sussiste una importante difformità tra la versione di Mora e quella di Fede circa le somme versate da Mora a Fede”. Mora è in carcere dal 20 giugno. Carcere preventivo, come metà circa dei detenuti in Italia. La sua sofferenza non mi piace, ho pena per la sua situazione. E mi fa rabbia quel pianto, oggi. È il pianto di uno che si guarda intorno e non vede più nessuno.

Stefano Nazzi

Stefano Nazzi fa il giornalista.