Tutti contro tutti

Da quando un importante dirigente di una casa editrice mi spiegò che per i vecchi libri di carta temeva più la concorrenza dei videogiochi di quella degli e-books, l’idea mi ha convinto sempre di più: che oggi la competizione per l’attenzione e la domanda di contenuti sia molto trasversale e sparigliata. Intendo dire che con l’offerta ricchissima e a portata di clic di ogni sorta di distrazione, impegno, contenuto, non è più un altro libro a competere col tuo libro, un altro giornale a competere col tuo giornale, un altro account di Twitter a competere col tuo account di Twitter: sono tutte queste cose assieme e molte altre che si contendono la risorsa limitata del nostro tempo, e il mio concorrente è qualunque cosa esca da uno schermo che sia più accessibile e attraente della mia (entra nello stesso discorso, tra l’altro, la storia delle riunioni in cui tutti stanno incollati agli smartphone). E questo post, per esempio, dovrà essere capace di sottrarvi tre minuti a una partita a Ruzzle, a uno sfoglio della vostra timeline di Twitter, a una rubrica di Gramellini, a un video che fa ridere o a uno che tutti i vostri amici hanno condiviso, eccetera.

Oggi su Repubblica ci sono un paio di notizie che confermano questo cambiamento. In una, si spiega che durante la campagna elettorale sono molto calate le vendite dei libri e che accade sempre in presenza di eventi importanti: perché la gente è distratta da quelli e legge meno libri. L’altra è la lettera di una lettrice che dice che sulla sua metropolitana non c’era né un libro né un giornale, e tutti giocavano a Ruzzle o mandavano e leggevano SMS, esperienza che conosciamo tutti.

Questo contesto è abbastanza rivoluzionario e costringe a pensare diversamente chi voglia imporre il proprio “prodotto”: è ben diverso capire come battere degli avversari sul tuo stesso terreno o doverli battere in partite che non conosci e che non sono le tue. Ed è ben diverso capire cosa chiede l’utente a un libro o cosa chiede e basta. Traslare progetti e ricerche su questo piano non sarà facile: e c’è sia chi lo sta già cercando da fare, sia chi ancora non si è accorto di niente.


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Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).