Chi aiuta Formigoni

Quando faccio delle critiche al modo approssimativo e superficiale con cui molti giornali italiani trattano la verità e l’affidabilità di quello che scrivono, non sono capricci perfezionisti, né moralismi anacronistici. Conosco i meccanismi con cui si fanno i giornali e con cui si scrivono gli articoli e non mi meraviglia la quantità di notizie che non lo erano e fuffa volatile che riempie molti giornali. Ho altri gusti, ma liberi tutti.

Una parte del problema è che i lettori ci credono, a quelle cose, e questo ha delle conseguenze: abbiamo passato anni a insistere su quanto gli italiani siano stati influenzati nella costruzione della loro cultura dai contenuti della tv di servizio pubblico prima e da quelli della tv cialtrona berlusconiana e di derivazione berlusconiana poi, e intanto però ci laviamo le mani di quello che consegnamo ai lettori sui giornali e della realtà che disegnamo, delle convinzioni che formiamo, dell’idea di mondo e di etica che diffondiamo, eccetera.

Ma la seconda parte del problema, complementare e più grave, è che sempre più lettori invece non ci credono, a quelle cose. E questo è un guaio, è la fine del tanto celebrato ruolo del giornalismo nelle democrazie, e quindi delle democrazie. Non scomoderò la vecchia formula “mai gridare al lupo”, ma ci siamo capiti. Le battaglie sul “pluralismo dell’informazione” in questi anni hanno avuto il risultato di rimuovere ogni preoccupazione per la “qualità dell’informazione”: abbiamo così combattuto perché tutti potessero parlare e ce ne siamo fregati di quel che dicevano. Invece di contrapporre all’informazione truffatrice e faziosa berlusconiana un’informazione attenta e obiettiva, le abbiamo contrapposto un’informazione truffatrice e faziosa antiberlusconiana. Così oggi ci troviamo felici con un grande pluralismo dell’informazione inaffidabile.

Potremmo parlare del fatto che si ripete così un percorso visto molte volte, che squalifica i buoni nel momento che usano gli stessi metodi dei cattivi, che mostra i mostri del “fine che giustifica i mezzi”, eccetera. Quando cominci a fare le cose male, i tuoi buoni principi non contano più niente. Ma è di una cosa più attuale e puntuale che volevo parlare.

Il risultato di tutto questo, infatti, è che quando oggi uno come Roberto Formigoni – sulle cui gravi mancanze politiche non nutro dubbi e ho cospicui sospetti anche su altre – va in conferenza stampa e dice punto per punto che quelle che vengono scritte sui giornali sono balle, io penso che possa avere ragione. Tutti sappiamo che può avere ragione. Tutti sappiamo che è saltata la garanzia, e chi di noi può si affida alla stima che può avere per alcuni giornalisti, gli altri si dicono “cosa mi rende più credibile quel che leggo sui giornali rispetto a quel che mi dice Formigoni?”.
E la risposta è sempre più spesso: niente.

E oggi, Formigoni si può permettere di tenere duro, grazie a questo, e di controbattere credibilmente eludendo quelle che sono davvero le sue gravi mancanze e le contestazioni reali che gli si possono e devono fare. Ed è stata la stessa cosa per decine di cialtroni e malfattori della storia politica italiana degli ultimi anni: siamo stati capaci di metterli dalla parte della ragione, un sacco di volte. O di renderli credibili almeno quanto noi.

 


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Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).