La biblioteca di e-Babele

Una cosa che mi pare non sia stata ancora abbastanza discussa nel dibattito sul passaggio dai libri di carta ai libri digitali è il rapporto con l’acquisto del libro. Il libro di carta contiene tradizionalmente in sé due identità fortissime e due ragioni d’acquisto: una legata al suo contenuto e alla lettura, e una all’oggetto. È arcinoto che il possesso dell’oggetto libro è fortemente associato al suo acquisto, e a volte addirittura ne è la ragione prioritaria. Molti di noi hanno detto qualche volta “non me lo prestare, voglio averlo” o viceversa si sono rifiutati di prestare libri già straletti pur di non privarsene. La quasi totalità della carta che occupa ampi volumi nelle nostre librerie è lì unicamente per ragioni sentimentali o di arredamento.

Arriva il libro digitale, e la scomparsa dell’”oggetto libro” col suo fascino e il suo ruolo. E il consueto paragone con la trasformazione che ha riguardato il mercato della musica incontra infine grossi limiti: perché le canzoni, anche disassociate dal feticcio disco, mantengono un loro uso frequente e ripetuto, che resta sempre prevalente. Possedere gli mp3 non significa soltanto possederli, ma significa usarli e goderne con continuità: e infatti si sono sperimentati sistemi di disponibilità d’uso senza possesso.

Ma per i libri è diverso: una volta letti, se l’oggetto non esiste, sparisce praticamente ogni ragione di possesso, salvo quella assai marginale di potenziale consultazione futura. Non esiste insomma più alcuna ragione per dire “lo compro”, laddove esistano alternative al comprarlo. Se voglio leggere in digitale il nuovo libro di Piperno, comprarlo o leggerlo sul tablet di mio cugino non fa alcuna differenza.

E allora editori e venditori possono/devono pensare a modelli di mercato diversi: a sistemi di prestito, di sottoscrizione di abbonamenti, le librerie possono/devono diventare più biblioteche che librerie. Cose che se le legge un editore gli vengono i brividi, a meno che non sia di vedute molto ampie e di sangue molto freddo. Vedo che Amazon annuncia la futura possibilità di “prestare” i libri su Kindle per un periodo di tempo limitato (quindici giorni in cui un amico può leggerlo, poi torna tuo), e con il permesso degli autori ed editori.

Si annunciano tempi incasinati e appassionanti. La musica non è morta, nel frattempo.


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Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).