Il mondo in foto

Il mondo delle persone che vanno in vacanza si divide tra quelle felici di potersi finalmente dimenticare per qualche giorno di avere un telefono, e quelle felici di poter finalmente trascorrere le giornate a scattare foto e registrare video col telefono, così da condividerli. Io sono un esemplare della prima specie, ma sono grato a chi partecipa a questa colossale attività di documentazione delle cose belle o curiose del mondo, che peraltro è stata particolarmente preziosa per evadere durante la pandemia.

Complice la pervasività delle comunicazioni via WhatsApp e social, siamo costantemente esposti a un’enorme quantità di foto e video di luoghi in giro per il mondo – luoghi dove i nostri contatti, assieme a un’infinità di sconosciuti, trascorrono del tempo. Grazie a loro possiamo conoscere con un livello di dettaglio inedito l’aspetto che hanno moltissimi posti dove non siamo mai stati: non solo le mete più popolari, ma anche una gran quantità di luoghi e situazioni curiose, di ristoranti attraenti, di negozi instagrammabili, di tanti sprazzi di vita quotidiana. Grandi monumenti e luoghi letterari a parte, erano pochissimi in passato i posti di cui potevamo formarci delle immagini mentali piuttosto definite pur non avendoci mai messo piede – solo una manciata di luoghi tipo Venezia, Parigi o Manhattan.

Oltre alle foto e ai video che ci scorrono davanti, oggi volendo possiamo conoscere i dettagli di ogni stanza d’albergo, l’aspetto dei piatti di ogni ristorante, le recensioni dei clienti in tutte le lingue del mondo, la rotta esatta di ogni volo o nave, il livello di affollamento abituale di un locale, i prodotti in vendita in un negozio, la sequenza delle attività commerciali di una via, la temperatura dell’acqua – e poi naturalmente ci sono Google Street View, le webcam e le foto a 360°, e milioni di post e storie geolocalizzate: di moltissimi luoghi possiamo vedere quasi tutto già prima di partire, o anche senza mai andarci. In qualche modo siamo già stati lì, o possiamo facilmente immaginare di trovarci da quelle parti. Questa opportunità ha iniziato probabilmente a influenzare la scelta delle mete di chi va in vacanza: a seconda delle inclinazioni di ciascuno, dopo aver incrociato il centesimo video di una cascata islandese può venire voglia anche a noi di andare a controllare e condividere immagini di fotogeniche cascate islandesi, oppure può venirci voglia di stare alla larga dalle cascate islandesi ed essere invece i primi a condividere immagini di fotogeniche cascate da altri angoli del mondo.

In parte sta cambiando l’esperienza stessa del viaggio. Proprio perché in qualche modo spesso ci siamo già stati, visitare e osservare posti nuovi in alcuni casi diventa meno entusiasmante che in passato. Più o meno sappiamo già cosa aspettarci: la sorpresa a volte sta piuttosto nello scarto che esiste tra la realtà e l’immagine mentale che ce ne eravamo fatti (lo pensavo più piccolo, su Instagram era più colorato, non pensavo ci fosse questa roba qui di fianco). Altre volte invece un luogo piuttosto anonimo – di cui girano poche immagini online – finisce magari per colpire più di un celebre monumento.

Nel viaggio tendono ad assumere maggiore importanza i sensi diversi dalla vista, che riescono a sorprendere o entusiasmare di più proprio perché sono più difficili da condividere e quindi anticipare. L’enorme interesse per la cucina di questi ultimi anni forse ha qualcosa a che fare anche con la ricerca di sensazioni inaspettate e in qualche modo esclusive – ma pure tutto il mondo degli odori e dei profumi di un posto rimane interamente da scoprire per chi non c’è mai stato. Poi ci sono i rumori – e meglio ancora i silenzi, che sono più difficili da trasmettere col telefono – e le sensazioni.
Ci sono posti che si fissano nelle memorie individuali non tanto per le loro bellezze – il cui ricordo reale si confonde con migliaia di altre immagini solo osservate – quanto per il caldo che faceva o il vento che tirava. Altre sensazioni sono meno fisiche ma possono essere molto forti, come quelle legate alla durata: la foto di un deserto, di una foresta o di una metropoli permette di comunicare – e quindi anticipare – solo un pezzetto dell’esperienza dell’attraversare per ore o giorni un deserto, una foresta o una metropoli che sembrano non finire mai. Quella durata fa la differenza, ma è un’esperienza in cui chi è distante fa fatica a immedesimarsi.

La ricerca di sensazioni in grado di aggiungere qualcosa di diverso e inaspettato rispetto a tutto quello che possiamo vedere da casa sul nostro telefono probabilmente aiuta a spiegare perché stiano diventando più popolari alcune esperienze di viaggio che le immagini riescono a rendere solo in modo molto parziale. C’è tutto il mondo dei cammini a piedi o in bici, quello dei laboratori per imparare a fare cose, dei grandi festival o delle esperienze sportive, e poi quelle forme di viaggio e ospitalità che ruotano più intorno agli incontri e alle conversazioni che al posto in sé, dal couchsurfing al volontariato: forme diverse per vivere i luoghi, andando al di là della collezione di angoli o panorami fotogenici.

Lorenzo Ferrari

Lorenzo Ferrari è uno storico, di mestiere fa libri. Gli piacciono l'Europa, le mappe e le montagne; di solito vive a Trento. Su Twitter è @lorferr.