È stato quello del 1268-1271: quasi tre anni, a causa delle profonde divisioni politiche all’interno del collegio cardinalizio. Si tenne a Viterbo per scegliere il successore di Clemente IV, morto in città: al tempo era prassi che l’elezione del nuovo papa si tenesse nel luogo in cui era morto quello precedente. L’esasperazione dei viterbesi, che dovevano mantenere i 19 cardinali e il loro entourage, e dei sovrani europei, che attendevano la nomina del nuovo pontefice, arrivò al punto che per spingere i cardinali a prendere una decisione più in fretta venne rimosso il tetto del Palazzo dei Papi cittadino, e si ridusse la dieta dei cardinali a pane e acqua.

Palazzo dei Papi a Viterbo (Wikimedia)
Alla fine la decisione venne delegata a un comitato ristretto di cardinali, che scelsero Teobaldo Visconti, Gregorio X: è la modalità di elezione per compromissum, abolita da papa Giovanni Paolo II nel 1996.
La vicenda, che assunse subito tratti leggendari, diede peraltro origine alle prime regole dei conclavi come li intendiamo oggi, codificate nel 1274 da Gregorio X (e ovviamente riviste molte volte in seguito). È attorno a questi eventi, inoltre, che viene collocata l’origine del nome conclave, dall’espressione latina per dire “chiuso a chiave”: la stanza in cui si riunivano i cardinali veniva chiusa a chiave, sia per evitare le influenze esterne, sia per spingere i cardinali a scegliere speditamente il nuovo pontefice. Al conclave successivo, tenutosi ad Arezzo nel 1276, il nuovo papa venne eletto in un giorno.