Dopo Marino, un Marino al quadrato?

Quindi Ignazio Marino non è più sindaco di Roma, e perché? È una domanda retorica ma mica tanto. Le dimissioni di un sindaco – di un sindaco di Roma, per giunta – sono un evento piuttosto raro, e persino nel macello amministrativo, giudiziario e politico di Roma le inchieste, gli arresti e gli avvisi di garanzia non hanno mai toccato Marino. Alla domanda non si può rispondere “si è dimesso perché è un pessimo sindaco” o “perché non ha governato bene”: i pessimi sindaci di solito non si ricandidano, oppure si ricandidano e prendono una scoppola. E quindi, perché Ignazio Marino si è dimesso?

Secondo me per la combinazione di due motivi. In primo luogo perché per quanto fosse benintenzionato non è riuscito a mettere le mani nel caos burocratico e amministrativo di Roma, e ne ha pagato le conseguenze. Ci ha evidentemente provato, nessuno può negarlo; ha aperto mille fronti con un misto di decisione e goffaggine, e ha fatto anche alcune cose che prima di lui non aveva fatto nessuno: ma alla fine della fiera non ci è riuscito. Non è detto nemmeno che fosse possibile farlo, e questo bisognerebbe tenerlo presente: Roma è da molti anni in condizioni tali che chiunque dovesse promettere grandi e immediate rivoluzioni dovrebbe ottenere in risposta soltanto risate. Ma Marino era il sindaco e quindi – per quanto la cosa abbia una sua crudeltà – la responsabilità finale è sua.

In secondo luogo, c’è stata secondo me una totale inadeguatezza di Marino nel governare la sua immagine, la comunicazione delle cose che ha fatto e che non ha fatto, la gestione della sua persona pubblica (le vacanze ai Caraibi non potevano aspettare un paio d’anni? Se le spese sono lecite perché rimborsarle? eccetera) e le risposte alle accuse che ha ricevuto. Accuse che sono state anche ridicole, pretestuose e in malafede – la storia della Panda rossa, per dirne una – ma che alla lunga hanno generato una specie di narrazione che si scriveva da sola, alimentata anche da certe sue sbracate reazioni da macho, e hanno penalizzato anche le cose della sua gestione che in questi anni hanno funzionato (ci sono, eccome). A un certo punto Marino è diventato il protagonista di tutte le barzellette, zimbello persino del Papa un disastro dopo l’altro, e lì come politico – prima ancora che come sindaco – era cotto e spacciato.

Quando gli elettori di Roma torneranno a votare, sceglieranno probabilmente un sindaco fuori dai giochi, molto nuovo, molto inesperto, molto anti-politica, molto onesto – anzi, lo sceglieranno forse proprio per questo. Non dimostreranno così di non avere imparato niente? Il disastro di Marino è esattamente il prodotto della ricerca di candidati che siano soltanto e semplicemente “onesti”, che si candidano proponendosi come “anti-politici” quando per amministrare una normale città – figuriamoci Roma – è necessario certamente essere onesti ma servono anche moltissime altre qualità e ben più rare da trovare, oltre ad avere buone idee e buone intenzioni: serve avere una certa esperienza, cosa che Marino non aveva; serve avere un mostruoso talento di amministrazione, negoziato e gestione dei problemi, cosa che Marino non ha avuto; serve essere un politico esperto e capace, in grado di gestire – da solo o con uno staff – la sua presenza pubblica, le sue dichiarazioni e le pressioni sociali e mediatiche, interessate e disinteressate, che coinvolgono chiunque ricopra quell’incarico. Marino ha dimostrato di non avere queste qualità.

Lo slogan della campagna elettorale di Marino da candidato era: “Non è politica. È Roma“. È vero l’esatto contrario. Non si governa un posto Roma senza saper fare politica, nemmeno con tutte le buone intenzioni e l’onestà di questo mondo. Pensare di sostituire Marino con un Marino al quadrato vuol dire rifare lo stesso errore.

Francesco Costa

Vicedirettore del Post, conduttore del podcast "Morning". Autore dal 2015 del progetto "Da Costa a Costa", una newsletter e un podcast sulla politica americana, ha pubblicato con Mondadori i libri "Questa è l’America" (2020), "Una storia americana" (2021) e "California" (2022).