I canali via cavo: #1 – HBO

Continua l’analisi di ciò che possiamo aspettarci, a livello di programmazione e scelte creative, dai vari canali statunitensi da cui alcuni di noi (chi, io? No, vi confondete, è quell’amica del cugino…) sono completamente dipendenti. Spoiler: questa è la parte più interessante, quella cicciosa, con le serie più belle.

I canali via cavo sono in larga parte (ma con onorevoli eccezioni) a pagamento, hanno un’offerta più ridotta e rivolta a un pubblico più selezionato, le serie si svolgono in un arco di stagioni solitamente definito, e ogni stagione conta un numero di episodi che solitamente è la metà di quelli delle reti broadcast. Per dire, se una stagione di una serie della Nbc è composta in media da un numero di episodi tra i 20 e i 24, le stagioni sui canali via cavo avranno tra i 10 e i 12 episodi.

Ogni canale può essere piazzato in uno spazio tridimensionale definito dall’incrocio degli assi tette, soldi, qualità. L’asse tette dà la misura di quanto ci si può spingere nell’essere epliciti: di solito riguarda non solo sesso ma anche linguaggio, libertà nel trattare certe tematiche (droga, alcool, politica, perversioni varie, you name it) e violenza. Però di solito il punto è il sesso. Soldi è, ovviamente, il tipo di budget che la produzione è disposta a investire nei progetti. Qualità è, be’. La qualità. Soldi e qualità possono variare nel tempo, a essere onesti, mentre il livello di tette va a definire la politica del canale e quindi tende, a meno di azzardati riposizionamenti, a stare fermo o a salire.

HBO

La HBO non ha bisogno di grandi introduzioni: l’altro giorno guardavo una pubblicità della trasmissione su Sky di Game of Thrones, e ho notato che veniva presentata come “la nuova serie HBO”. Ok, Sky non sarà Rete4, ma qualcosa vorrà pur dire.

Il fatto è che la HBO offre una programmazione così bella, ricca, di qualità anche quando va completamente in vacca (True Blood, sto guardando te), che viene riconosciuta come marchio di garanzia. La sigla sta per Home Box Office, che significa “botteghino casalingo” ma che, emulando un linguaggio un po’ marketing, potremmo tradurre con “il cinema a casa tua”. Avevo accennato già qualcosa in questo articolo sulla nuova serie di Sorkin:

More as the story develops è stato commissionato a Sorkin dalla HBO, una delle più importanti reti via cavo nota per le produzioni di qualità, sia documentaristiche che di fiction, e per la scelta di tematiche molto diverse tra loro: tra le serie prodotte dalla rete c’è True Blood (vampiri), Big Love (mormoni poligami), I Sopranos (mafia), Band of BrothersGeneration KillThe Pacific (guerra), Sex and the City (donne single). Tutte serie che non si pongono troppi problemi nel mostrare scene di sesso o violenza, usare un linguaggio articolato, sia visivo che verbale, e proporre tematiche controverse. Tutte serie che hanno potuto sviluppare la propria trama senza la minaccia incombente della cancellazione al primo inciampo. Insomma, è facile ipotizzare che Sorkin avrà totale libertà nel tratteggiare le sue storie e i suoi personaggi, rivolgendosi a un pubblico selezionato che più facilmente apprezzerà il suo stile.

Riguardo la forma, è importante sottolineare due elementi. Il primo è la lunghezza degli episodi, che sulla HBO durano tra i 50 e i 60 minuti contro i 40-45 delle reti mainstream. Se pensate che non faccia alcuna differenza, pensate al casino che ha piantato Matthew Weiner quando la AMC ha minacciato di accorciare di un paio di minuti gli episodi di Mad Men; oppure al calo qualitativo che hanno subito le serie della Fox quando, nel 2008, la rete ha scelto di ridurre le pause pubblicitarie allungando gli episodi a 50 minuti di durata. Questo non vuol dire che la serie di Sorkin sarà più o meno bella perché composta da episodi più lunghi, ma che la differenza si farà sentire.

Il secondo elemento è la durata delle stagioni, che sulla HBO sono composte da una media di 10-12 episodi, con pause di 8-10 mesi tra una stagione e l’altra: anche questo peserà sull’economia dei cicli narrativi, che Sorkin è abituato a “spalmare” su più tempo. Sempre parlando di numeri va anche notato che le serie HBO contano, di solito, tra le quattro e le sei stagioni.

Se alle serie già elencate nel brano citato non compare la vostra preferita di sempre, lasciatemi completare la lista con Six Feet Under, per nominare un titolo a caso, o The Wire, o Boardwalk Empire, o Treme. O con la notizia che, a gennaio, sul canale partirà una nuova serie (Luck) con protagonista Dustin Hoffman. O che è in produzione un adattamento televisivo di American Gods di Neil Gaiman, scritto da Neil Gaiman himself. Nel nostro schema tette-soldi-qualità, la HBO tocca vette mai viste, non si tira indietro davanti a niente: il canale è andato oltre l’originario obiettivo di portare il cinema nelle case, decidendo di realizzarlo in formato seriale e televisivo.

Vi sta antipatica la HBO? Pensate che i capoccia del canale, noti per fiutare le serie più promettenti, anni fa hanno rifiutato la proposta di un piccolo progetto su un’agenzia pubblicitaria degli anni Sessanta, sulle persone che ci lavoravano, su un periodo storico tra i più incisivi nella definizione del nostro contemporaneo, creata da un signore che aveva realizzato una delle serie più di successo del canale, i Sopranos. Si chiama Mad Men, non so se l’avete sentito nominare. Alla fine l’ha prodotto un altro canale, di cui parleremo più avanti.

Amate la HBO? Tanto per riconfermare che non ne sbagliano una (ok, quella su Mad Men è stata una brutta caduta di stile… E l’ultima stagione di True Blood… E, be’, ok, Big Love ha avuto dei momenti proprio bassi), sappiate che il canale offre uno splendido ciclo estivo di documentari.

Una serie da guardare: «tutte» è una risposta valida? Dovendo scegliere, mettetevi in pari con Game of Thrones: è stata La Serie del 2011, è bellissima e soprattutto ad aprile inizia la seconda stagione e ne parleranno tutti.

Chiara Lino

Giornalista del Post. Scrive recensioni di serie tv su Serialmente e ha lavorato come grafica e interaction designer.