Facebook, cibo, acqua e vespasiani indiani

“Noi non abbiamo mai detto che internet è più importante del cibo o dell’acqua. C’è bisogno di entrambi”. Parola di Mark Zuckerberg, un miliardario con le priorità ben organizzate. Acqua corrente, pranzo, cena e Facebook, di cos’altro hai bisogno, dopotutto? Lo ha dichiarato lui stesso al quotidiano The Hindu.

E mentre Matteo Renzi va alla Silicon Valley, la Silicon Valley va in India. Dopo la visita di Satya Nadella di Microsoft a fine settembre, seguita dal viaggio a Delhi e a Bangalore del proprietario di Amazon, Jeff Bezos, anche l’inventore di Facebook è venuto ora a farsi un po’ di pubblicità nel mercato indiano, che conta più di 100 milioni di utenti Facebook, rendendolo il più grande al mondo dopo gli Stati Uniti.

Non è solo pubblicità quel che cerca, viene a portare soldi oltre che a flettere i bicipiti sotto la t-shirt. Zuckerberg lancia un fondo “inizialmente” di un milione di dollari per stimolare il suo internet.org: finanziamenti per sviluppare app, siti web e servizi online mirati a migliorare la vita di donne, bambini, migranti e contadini in India. Lodevole, senz’altro. L’obiettivo più importante, però, è stringere accordi con le Telecom per colonizzare tutta quella terra dove al momento la connettività non arriva, le foreste profonde di quell’India che la notte, da un qualsiasi aereo di linea che la sorvoli, è ancora al buio, e spesso anche zittita da qualche black-out. Vedendo quelle macchie buie, immagino che persone come Zuckerberg, Nadella e Bezos pensino solo a quante opportunità mancate ci sono là sotto, forse senza considerare i bisogni primari che ancora scarseggiano in quelle zone d’ombra.

La verità è che la rivoluzione IT in India subisce anche contraccolpi. Yahoo sta per licenziare 2000 dipendenti a Bangalore, 400 sono già stati spediti a casa, il resto è in attesa di capire che genere di trattamento di fine rapporto otterrà. Yahoo sembra ritirarsi dall’India e ridurre le postazioni in Asia. Un normale ribilanciamento tra diverse forze dell’Information Technology? Anche.

Ma anche una battaglia politica dal sapore tipicamente indiano, nel senso dello spirito di non-allineamento e indipendenza che contraddistingue questo paese dall’era di Nehru in poi. Anche a costo di restare a volte un po’ indietro. Infatti, uno degli ideologi del Bjp, il partito del premier Narendra Modi, Govindacharya, ha pubblicato sui quotidiani una lettera ufficiale spedita a Modi, dove gli chiede di NON incontrare Zuckerberg nel suo viaggio indiano perché darebbe un segnale pericoloso, poiché in diversi tribunali indiani sono in ballo molti casi contro Facebook per questioni fiscali, di privacy e di sicurezza dati.

Facebook, secondo l’ideologo induista, deve garantire metodi per difendere donne e bambini dai pericoli dei social network. I server devono restare in India così che le agenzie di intelligence straniere non abbiano accesso ai dati privati degli indiani. E le tasse che Facebook è accusata di evadere dovrebbero essere investite in servizi igienici pubblici, questi sì molto più urgenti e molto più utili di internet, in questo momento, secondo la scala prioritaria di Govindacharya, che mi pare piuttosto condivisibile.

Carlo Pizzati

Scrittore, giornalista e docente universitario. Scrive per "Repubblica" e "La Stampa" dall'Asia. Il romanzo più recente è "Una linea lampeggiante all'orizzonte" (Baldini+Castoldi 2022). È stato a lungo inviato da New York, Città del Messico, Buenos Aires, Madrid e Chennai. Già autore di Report con Milena Gabanelli su Rai 3, ha condotto Omnibus su La7. Ha pubblicato dieci opere, tra romanzi, saggi, raccolte di racconti brevi e reportage scritti in italiano e in inglese. carlopizzati.com @carlopizzati - Pagina autore su Facebook - Il saggio più recente è "La Tigre e il Drone" (Marsilio 2020),