Will always

Io me lo ricordo, quando nel mercato discografico e della musica pop arrivò Whitney Houston. Si sentiva solo lei, era nuova, era bella, e aveva questa voce perfetta: sembrava finta, in tutto quanto, ma con un risultato eccellente. Come una gran macchina di lusso. E vendette quantità enormi di dischi, con due o tre alcune canzoni altrettanto perfette per farle scatenare la voce e molti altri duplicati di quelle due o tre (avevo vent’anni, aiutavo nel negozio di dischi di amici specializzato in rock e musica indipendente, ma tenevano il disco di Whitney Houston anche loro).

Dopo divenne carne da macello per i giornali con i suoi malanni, e soprattutto le sue canzoni scomparvero: non le si sentirono più per anni, come estinte, mentre le radio “dei grandi successi” ritiravano fuori dal cassetto tutto tranne quelle. Rimasero tipo ibernate, nemmeno recuperate nei meccanismo di revival, di ti-ricordi-quella, eccetera.

Ma due o tre non erano niente male, nel loro genere: suonavano solo un po’ vuote, e oggi si sono dannatamente riempite. Ci passeremo la domenica, capace che ci troviamo qualcosa di nuovo.

Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).