Whitney e Di Bella

Risentite ora, le canzoni di Whitney Houston che erano sempre sembrate così artificiali e perfettamente patinate, hanno preso inevitabilmente una piega vera e sofferente, e l’altro avverbio che tocca aggiungere è: purtroppo. Ma non sono riuscito a trovare in rete – a smentire l’idea che ormai niente scompaia nel nulla – la prima versione che mi viene sempre in mente della sua canzone più famosa e di successo di tutti i tempi, “I will always love you”: ovvero quella che Antonio Di Bella, direttore di Rai 3, fu sorpreso a cantare mentre aspettava di andare in onda sul collegamento internazionale col Tg3 al tempo in cui era inviato negli Stati Uniti. Spero di non sbagliare canzone, ma mi pare di ricordare che in quel fuorionda – trasmesso poi da Blob – Di Bella si stesse accuratamente pettinando, a squarciagola.
E l’esecuzione impeccabile e limpidissima di Whitney Houston non è mai stata paragonabile a quel momento di tv verità e passione reale, cruda, via bassa frequenza. Che le canzoni sono quella cosa lì, non solo il modo in cui vengono create e distribuite al mondo, ma anche il modo in cui il mondo le digerisce e restituisce: il modo come le cantiamo e diventano roba nostra, gratis, da sempre. Da prima degli mp3. E spero che qualcuno negli archivi Rai ritrovi Di Bella e lo metta su YouTube.

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Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).