When Grillo Comes To Town

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Ieri pomeriggio c’era Grillo al tempio di Apollo. C’era pure un popolo, cosa che gli riesce regolarmente.

Rispetto all’ultimo comizio (che poi non è un comizio, è uno spettacolo) per le regionali, c’era anche molto più catarro. Pensionati, capelli bianchi, coppole e gilè, gente che se uno sta ai due stilemi (del pensionato e del grillino) non se la immagina in WiMAX, dietro a un tablet, a informarsi sul blog per sapere dov’è il meet-up.

Difficile che in un paio di mesi la generazione che ha meno dimestichezza con la rete l’abbia di colpo acquisita. Più probabile che i movimentisti abbiano fatto molta propaganda vecchio stile, gazebo, porta a porta, evangelizzazione, catechesi neocatecumenale.

La composizione dell’uditorio era nel complesso diversa. Al comizio per le regionali si era trattato in prevalenza di una folla di curiosi: erano quasi più gli osservatori che gli osservati. E gli osservatori, si sa, sono ceto medio riflessivo. Ieri c’era molto ceto popolare.

Stanare il ceto popolare a Siracusa è operazione difficile.

C’è un ceto popolare che viene di norma stanato nel giorno delle elezioni: lo si attira fuori facendogli annusare una spesa alimentare o una ricarica telefonica da cinquanta euro, e lo si trascina così fin dentro la cabina.

E poi c’è un ceto popolare che non è possibile stanare: abbandonato da chiunque proprio per la sua insistenza nel mostrarsi dignitoso, si è ripiegato sempre più su se stesso, fino a divenire agorafobico.

Ecco, ieri sera c’erano questi, e non si vedevano da un bel pezzo.

Un’altra differenza con l’ultima volta di Grillo in Sicilia è il tema d’apertura del comizio.

Alle regionali, partiva sparato con il “tutti a casa”. Adesso fa una sorta di preambolo sulle virtù civiche.

Nei primi minuti di Messina, Augusta, Catania, Siracusa e Caltanissetta, ha usato lo stesso aneddoto: quello del notaio Andrea Bartoli di Favara che ha ristrutturato a proprie spese il centro storico e ha messo gli edifici a disposizione di artisti e intellettuali, affinché contribuissero a loro volta con idee e progetti alla rinascita turistica e civile del borgo.

Da lì, scende di qualche gradino e parla dell’idraulico che può rifare l’impianto all’insegnante di matematica, che poi a sua volta darà ripetizioni al figlio dell’idraulico. Nel farlo, rischia di confondere i due piani differenti del contributo e del baratto, cosa che può risultare pericolosa, perché si tratta di due comportamenti di caratura morale differente, di cui dico tra due paragrafi.

L’applauso per il notaio non è stato fragoroso, forse neanche un decimo di quello che segue i vari “vaffanculo”, e nell’espressione di molti astanti si intuiva che il giudizio più diffuso circa il benefattore di Favara era: “questo dev’essere uno scimunito che non sa come buttare i soldi”.

Eppure, nonostante l’accoglienza tiepida, Grillo vi ha comunque fatto riferimento in ogni comizio.

Il messaggio civico sottinteso (per la verità non molto, ma senz’altro abbastanza per uno che prende  le cose di petto come Grillo) è: finché non vi libererete del familismo amorale alla Banfield, cioè dell’idea che chi si occupa della cosa pubblica lo fa per interesse personale, non sarete mai liberi di votare le idee di nessuno.

Forse è un aspetto marginale del suo comizio, e magari l’obiettivo è donchisciottesco, però c’è. Ed è bello che ci sia. Solo che è confuso.

L’accostamento notaio restauratore/idraulico barattatore può condurre fuori pista rispetto al concetto di spendersi per la comunità in cui si vive, forse addirittura  verso la strada opposta.

In Sicilia, pagare una prestazione con un’altra è uno degli atteggiamenti più diffusi: il mio barbiere taglia gratis i capelli al gestore della pizzeria dove poi va il sabato sera con la famiglia, e lo stesso fa col lavaggista o col panettiere. È un comportamento che andrebbe dissuaso, non incoraggiato. Crea vincoli capaci di attanagliare, legami di “rispettosità” (qui a Siracusa riassunti nel termine dialettale di amurusanza) che camuffandosi da buon vicinato o solidarietà tra lavoratori, rinsaldano l’idea di do ut des alla base di quello stesso familismo amorale che Grillo sembra voler sradicare con l’esempio di Favara.

Il baratto, che forse altrove può essere una forma di mutuo soccorso, qui è un pantano di approssimazione (tu tagli capelli, io vendo pizze, qualcuno è destinato a perderci), che è il sostrato culturale dello squilibrio, del conseguente rincorrere la compensazione, e dunque del voto di scambio.

L’atteggiamento mecenatesco del notaio è invece animato da tutt’altro spirito: investo delle risorse mie personali per migliorare le condizioni di vita della comunità in cui vivo, e non li considero soldi buttati perché migliorando la vita del mio paese, migliora anche la mia vita.

Accettare uno scambio per un siciliano è ancora fin troppo naturale. Accettare che la virtù sia premio di se stessa è ancora quasi impossibile.

Mario Fillioley

Ho tradotto libri dall'inglese in italiano. Poi ho insegnato italiano agli americani. Poi non c'ho capito più niente e mi sono messo a scrivere su un blog con un nome strano: aciribiceci.com