Uno di quei film

Alcuni dei colleghi di Salvatore Parolisi, istruttori come lui in forza al 235esimo reggimento Piceno di Ascoli, hanno parlato con i giornalisti in questi giorni. È un po’ come se, con l’arresto dell’unico indagato per l’omicidio di Melania Rea, una cappa si fosse alzata. Parolisi è in carcere da cinque giorni, sospettato di aver assassinato la moglie a Ripe di Civitella, nel teramano, con 33 coltellate, e di aver poi messo in scena la sua scomparsa organizzando una serie di depistaggi. È accusato di assassinio volontario aggravato dalla crudeltà e vilipendio di cadavere. Per depistare le indagini, 18 ore dopo averla uccisa, avrebbe inciso una svastica sulla coscia della moglie conficcandole anche una siringa nel petto. E il movente, per il pubblico ministero, starebbe nella relazione che Parolisi aveva con una soldatessa, una sua ex allieva, Ludovica. Per il magistrato, il caporal maggiore non riusciva più a gestire la doppia vita, e ne è stato sopraffatto. Ecco perché avrebbe ucciso.

Ed è di questo che parlano i suoi commilitoni, di quella relazione. Dicono che succede, che anche a loro è capitato di andare a letto con le allieve. In fondo, in quella caserma di Ascoli, ci sono 300 soldatesse, e poi gli istruttori maschi (anche se adesso un 30% di istruttori è donna). Ma, ci tengono a precisare, solo rapporti di sesso, non sentimentali. È così che funziona, spiegano, non devi infrangere le regole con i sentimenti. Uno di loro lo ha detto esplicitamente a Repubblica: «Niente di contrario alle regole, perché non risultano rapporti sentimentali, solo di sesso. Io, personalmente, ne ho avuti sei». Vanno poco lontano dalla caserma, al’Hotel Ariston. Lo sanno tutti. Solo sesso, però, nient’altro, questa è la regola. Se no nascono i guai. E sono stupiti i colleghi di Parolisi che sia potuto nascere un sentimento tra l’istruttore e la sua allieva. Perché così scoppiano i casini. Ed è come se dicessero: avete visto quello che è successo?

Ora quella caserma di Ascoli ha gli occhi di tutto l’esercito puntati addosso. Se non fosse tutto drammaticamente vero, una donna di 30 anni ammazzata con la figlia di 18 mesi seduta nel seggiolino della macchina, a pochi metri, potrebbe sembrare un film. Uno di quei film americani su onore e omertà nell’esercito.
C’è poi la storia di questa ragazza, Ludovica, ha 27 anni. Lei si è innamorata del suo istruttore. Aspettava che lui lasciasse la moglie, che andasse a conoscere i suoi genitori. Ci credeva sempre meno ma continuava a crederci. Non risulta coinvolta nell’omicidio, i magistrati non la sospettano (almeno, per ora è così), non sapeva nulla, pare, di quello che era veramente successo. Forse avrà sospettato, questo sì. Si sarà posta delle domande. Ma la stanno facendo a pezzi sui giornali, come se fosse lei un’assassina.

Stefano Nazzi

Stefano Nazzi fa il giornalista.