Una cosa giusta, dunque non accadrà

Fosse vera, ma ne dubito, quella data ieri da Alfano sarebbe un’ottima notizia. Non per il Pdl, ma per tutti gli altri sì. Perfino per l’Italia in generale. Perché, proprio come dice il delfino ormai spiaggiato, è giusto che il giudizio finale su Berlusconi lo diano gli elettori. E che quindi il commiato sia definitivo, non più gravato dalle ombre della detronizzazione o dall’ipocrisia del passo indietro generoso e volontario.

Vediamo anche in questi giorni, sulla vicenda Rai, come la cesura con la stagione berlusconiana non sia mai completa, mai sufficiente a far uscire l’Italia fuori dal tunnel dominato dal conflitto d’interesse. Neanche Monti, col potere conferitogli dal successo internazionale e dalla crisi del sistema partitico, è riuscito fino in fondo a tagliare quei fili. Da questo punto di vista ha ragione chi guarda con diffidenza all’ipotesi di proiettare nel futuro l’ampia coalizione “montiana”. I berlusconiani – lo dimostra quest’ultimo passaggio – non possono emanciparsi da Berlusconi. Portarseli appresso significherebbe trascinarsi un bagaglio di compromessi impossibili.

Viceversa, un bel giudizio definitivo degli italiani troncherebbe questa storia. Consentirebbe di fare la conta di quelli che nel centrodestra non sanno proprio rendersi utili al rinnovamento. Giustificherebbe l’unione di chi, nella scia di Monti ma con un segno politico a quel punto più netto, si candida a governare nella discontinuità. Il Pd ne sarebbe ovviamente favorito, Bersani più di ogni altro, perché i suoi nemici peggiori sono la confusione e i newcomers, non certo il vecchio avversario spompato. L’esito non sarebbe incerto come appare adesso: immaginatelo come le amministrative, con molte Parma in più ma col tratto dominante che quel turno comunque ha avuto.
Perfidamente, da politico completo qual è, Monti ha scelto proprio la giornata di ieri – con l’ipotesi del ritorno del Cavaliere stampata sui giornali – per ricordare a tinte forti l’umiliazione che l’ultima Italia di Berlusconi dovette subire a Cannes. La campagna elettorale con Berlusconi in campo sarebbe dominata da un incubo simile.

Tutti questi fattori – e, più di ogni altro, l’ossessivo bisogno del padrone di Mediaset di non farsi tagliare fuori, di non perdere la presa su quella fetta di potere che gli consente di salvare la roba – potrebbero portare presto a una conclusione: lo svanire di questa “notizia” e il mesto rientro del Pdl nel suo triste presente, pieno di mezzi capi e definitivamente privo del leader miracoloso.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.