Un capolavoro e altre cose

Ecco otto segnalazioni arbitrarie (alcune assai tardive) di mezza estate.

Vita e destino (Grossman)
Capolavoro incredibile, sorprendente, kolossal, un must assoluto. Resistete le prime cento pagine e cercate di memorizzare i nomi di tutti quei personaggi: non ve ne pentirete. Il paragone con Guerra e pace non è affatto azzardato, del resto era nelle intenzioni dell’autore (un corrispondente di guerra, ebreo assimilato sovietico, che a Stalingrado c’era davvero). Qualcuno ha scritto che dopo aver letto Grossman uno è costretto ad attaccare anche l’ultima sua resistenza interna: è vero, è possibile che nazismo e comunismo sovietico fossero davvero analoghi. Il dialogo centrale dell’enorme opera, quello che si svolge nel lindo ufficio di direttore di Treblinka fra l’Ss Liss e il vecchio bolscevico detenuto Mostovkoy, illumina e penetra più di ogni saggio. Il cammino degli ebrei nel corridoio verso la camera a gas sembra di farlo insieme a loro. E ognuno è portato a interrogarsi su eroismi e viltà, e su quanto sapremmo resistere alla pressione di uno Stato totalitario.

L’eleganza del riccio (Barbery)
Abbandonato dopo 50 pagine, illeggibile, irritante. Vuota esibizione di filosofismo raccogliticcio.

Zia Mame (Dennis)
Carino, ambientazione perfetta nell’America degli anni Trenta e Quaranta (sì, gli stessi anni durante i quali, in Urss… ma anche qui dentro ci sono gli antisemiti).

L’umiliazione (Roth)
Prevedibile, scontato. Un po’ di stereotipi prevalentemente a sfondo sessuale sulla decadenza senile del maschio.

Game change (Heilemann-Halperin sulle presidenziali Usa)
Stracolmo di aneddoti, fulminante sulla Palin, divertente sulle follie del vecchio Bill Clinton e su quanto sia tosta Hillary, istruttivo sui lati deboli di Obama. Ma se davvero vogliono provare la rivincita appoggiando quella donna, i repubblicani sono proprio alla frutta.

Il ritratto Bellini (Goodwin, il terzo con l’investigatore ottomano, l’eunuco Yashim)
Non tradisce rispetto ai precedenti, coinvolgente, forse solo un po’ troppo cinematografico. L’inseguimento sul Canal Grande è ambientato nell’Ottocento, ma pare lo 007 di Daniel Craig.

Canale Mussolini (Pennacchi)
Bello ma non eccezionale. Confesso che l’ho letto solo perché sono affezionato ai posti, con tutta la simpatia per l’autore, non mi piace tanto l’epopea del fasciocomunista.

The politician (Andrew Young)
La storia di quel formidabile mascalzone di John Edwards raccontata da dentro lo staff. Anzi, dall’uomo (non proprio un eroe) che per coprire il candidato accettò di addossarsi una paternità clandestina che non era la sua. Cruciale per non farsi mai più fregare da un bel democratico di sinistra che parla bene.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.