These days around

Bisognerebbe avere il tempo di riguardare tutto Happy Days, altro che Rubicon e compagnia. Sembrerebbe vecchio, dite? Sembrerebbe povero, al confronto con l’inventiva delle serie di oggi? Sembreremmo vecchi, tutti quanti? Funzionerebbe solo per l’effetto nostalgia?
A parte che l’effetto nostalgia non è male: Fabio Fazio ci fece un programma tv geniale, ormai parecchi anni fa (nostalgia della nostalgia), e il meccanismo prospera da molto prima.
Ma se c’è una cosa per cui andrebbe rivisto Happy Days è per rendere il meritato tributo a Tom Bosley, ovvero al suo personaggio Howard Cunningham, il padre di Richie Cunningham. Stiamo sempre a ricordare Richie e Fonzie, e Potsie e Ralph, e Sottiletta e persino Spadino, ma il vero grande genio della situazione era Howard. Era circondato da una manica di deficienti, e riusciva con pazienza infinita – e il soccorso occasionale di “Marioooon!” – a sopravvivere loro, a instillare negli spettatori l’idea che la normalità fosse possibile, che la stupidaggine degli adolescenti conoscesse una sanzione da parte di qualcuno che scuoteva la testa desolato. Solo il professor Kotter nei Ragazzi del sabato sera lo superò in efficacia in un simile ruolo.
Tom Bosley è morto la settimana scorsa, ma Howard Cunningham sopravvive nel paziente disincanto di tutti noi.

Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).