Su Saint Lucia non la raccontate giusta

Premesse del caso. Ci sono buone ragioni per non mettere la mano sul fuoco su quel che dicono a Saint Lucia. E ci sono buone ragioni per dubitare del disinteresse del ministro Frattini. E ci sono buone ragioni per capire che la riesplosione del caso Fini ha a che fare anche con altro.

Ma detto questo, non è possibile risolvere la presentazione di un documento ufficiale – l’unico – che certifica la proprietà della casa di Montecarlo e che quindi costringerebbe Fini alle dimissioni (per coerenza con le parole sue) sostenendo genericamente che il documento sia falso. E soprattutto, in assenza di prove altrettanto forti, non è ammissibile dire ulteriori balle, come stanno facendo i finiani togliendo credibilità alle loro ragioni, se ne avessero. Ieri Bocchino ha ripetuto in più occasioni e interviste che le carte di Saint Lucia non attribuiscono a Tulliani la proprietà della casa di Montecarlo, ma che ne è il “beneficiario, l’affittuario”.

Questa è una balla. Ed è una balla di cui sono complici in parecchi. Il Fatto, che ha messo online una traduzione della lettera ieri, fa dire al primo ministro di Saint Lucia “che il sig. Giancarlo Tulliani era l’utilizzatore beneficiario di dette compagnie”. E oggi anche diversi quotidiani – per primi Repubblica e il Corriere – usano stranamente nei loro articoli gli stessi termini: “utilizzatore beneficiario”.

Dico stranamente perché la lettera dice un’altra cosa: dice “beneficial owner”, ed è sotto gli occhi di tutti. E intanto “owner” non vuol dire utilizzatore, vuol dire senza possibilità di equivoco “proprietario”. Quanto all’espressione “beneficial owner“, in linguaggio legale significa sì che ci può essere un altro proprietario formalmente registrato, ma implica che il beneficial owner sia il “proprietario” di fatto, e goda di tutti i diritti di proprietà, non che sia semplicemente l’utilizzatore. C’è una zona piuttosto grigia di certo, ma introdurre in traduzione il termine “utilizzatore” è un imbroglio: tra i due, è di certo meno corrispondente al vero di “proprietario”.

Resterebbe da capire come mai Bocchino, il Fatto e i quotidiani principali partecipino tutti a questo inganno linguistico che diventa sostanziale (sminuire il rilievo delle carte di Saint Lucia è più facile, se menti sul loro significato), mentre comprensibilmente il Giornale riporta la traduzione giusta. Che ci sia da parte di tutti un interesse a difendere Fini non appare pensabile, mentre è più realistica l’ipotesi della maldestra cialtronata: il primo ha tradotto così e gli altri hanno copiato senza neanche guardare l’inglese.

Il risultato però, a oggi, è che gli unici documenti ufficiali esistenti danno Tulliani come “proprietario” della casa. A molti di noi importa molto poco di tutta quella storia di per sé, ampiamente abusata. E sappiamo che Fini disse: “e se dovesse emergere con certezza che Tulliani è proprietario…”, e quello di cui si parla in questi giorni non è proprio una certezza. Però non ci si può attaccare sempre alle parole e meno che mai a quelle inventate. Sennò si finisce a parlare di nipoti di Mubarak, e le differenze si colgono meno.


Vedi anche:

Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).