Sondaggi, fotografie e aliti di vento

Oggi Renato Mannheimer scrive una puntualizzazione molto corretta sul Corriere della Sera, a proposito dei sondaggi elettorali, anche se è facile pensare che lascerà il tempo che trova. La sintesi è “i sondaggi sono una fotografia delle cose al momento in cui vengono fatti, non una previsione di come andrà”. La differenza è rilevantissima, soprattutto in un paese come l’Italia in cui i movimenti di opinione elettorale sembrano sospinti ogni giorno da un diverso alito di vento. Quello che spiega Mannheimer è infatti che le indicazioni dei sondaggi valgono qui e adesso, e non varranno già più tra una settimana: abbiamo imparato tutti che improvvisi venti in poppa di questo o quel partito si esauriscono nel giro di una settimana (Mannheimer fa l’esempio delle primarie del PD e di come quell’effetto lì si sia già smorzato) e che la partita su queste variabili si gioca alla fine. Abbiamo già assistito ad alti e bassi per questo o quello in gran numero, e ognuno sparisce come lacrime nella pioggia nel giro di poco tempo.

Voi direte, e allora a che servono i sondaggi? Facciamoli solo nelle ultime due settimane, no? Se no è come se stessimo assistendo ai primi tre quarti di una partita di basket in cui i distacchi restano minimi. E avreste ragione: i sondaggi servono infatti ai partiti per capire cosa funziona e cosa no e se è il caso di correre ai ripari o battere certi ferri, e ai giornali per spacciarli come “previsioni” ai loro lettori, malgrado gli sforzi di puntualizzazione di Mannheimer. Lettori che ci si possono anche divertire: ma il campionato si gioca alle ultime giornate, quando anche Berlusconi da Santoro ci sembrerà un ricordo lontano.


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Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).