L’inevitabile confronto nel PD

Massimo rispetto per la mossa di D’Alema. Non tanto per la parte di rivendicazione dei meriti passati (che è sempre meglio farsi riconoscere dagli altri), né solo per l’efficacia ai fini delle primarie (rimane forte l’impressione di una contraddizione con Bersani, dell’assenza di regia dell’operazione, di scelte non tutte razionali).

Il rispetto va all’aver troncato d’incanto l’infelice campagna della rottamazione e all’intenzione di dare battaglia contro le posizioni di Matteo Renzi nel caso che quest’ultimo dovesse prevalere. Sappiamo tutti che si tratta di una formula retorica, perché quella battaglia andrà combattuta comunque. Le primarie sono solo il primo tempo di un inevitabile e salutare confronto nel Pd: fra un anno di questi tempi saremo in pieno congresso, avendo avuto nel frattempo il test elettorale, quello per il Quirinale, quello del governo. Siamo all’inizio di una storia, non al suo esito.

Chiaro che tutto cambia se Renzi vince o perde. Qui però lo squillo di tromba di D’Alema fa sorgere una domanda: questa battaglia riguarderà la linea del Pd o la sua identità, concetti che sono laicamente distinti nei partiti maturi come pretende di essere il Pd?
Più di Bersani, D’Alema fa (intenzionalmente) una confusione pericolosa. Renzi, in questo, gli è complice. A tratti sembra che entrambi parlino di fine di mondo: il primo accusa il secondo di inquinare il centrosinistra col populismo qualunquista; il secondo imputa al primo di aver confiscato il futuro di intere generazioni. A stento affiorano la linea di governo, le alleanze: Bersani come l’unico che tiene unito il centrosinistra (s’intende Pd con Sel), la differenza tra scelte più liberali o più laburiste, l’annoso tema dello scambio padri-figli sul mercato del lavoro.

Sarebbe più ragionevole battersi solo su questo campo, invece di insistere da una parte nel demonizzare l’ambizione personale (come se fosse un delitto, come se non fosse la benzina di tutte le carriere politiche), dall’altra nel mimare improbabili atteggiamenti padronali (se vinco io ti cancello).
Dovessero perseverare nella delegittimazione reciproca, tutti i contendenti si dimostrerebbero ancora ostaggi della stagione berlusconiana, incapaci sia del rinnovamento nella continuità che di una autentica rottamazione.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.