Primo maggio 1988

Nel 1988 io e i miei amici di allora frequentavamo spesso il casale di campagna della famiglia di uno di loro, vicino alla strada che collega Pisa e Lucca: ci andavamo soprattutto a passare le domeniche, e ci andammo anche il primo maggio, che pure era una domenica. Sono passati quasi 23 anni e io ho una memoria che fa spesso schifo, ma mi ricordo esattamente alcuni dettagli e sensazioni di quel pomeriggio. Il mio amico aveva comprato dalle ferrovie dello stato diverse decine di traversine dismesse da usare per sistemare il terreno intorno al casale: farne palizzate, panche, tavoli, non mi ricordo che altro. Ma quel primo maggio erano state consegnate da poco e stavano ammucchiate in grandi cataste disordinate in mezzo al prato.

Quello che mi ricordo come fosse ora è di essere seduto in cima a una di queste cataste, con la radio brionvega rossa (che era stata di mio nonno prima che la riempissi di sabbia sulle spiagge pisane e in altre trasferte) sulle ginocchia, accesa a sentire Tutto il calcio minuto per minuto. Era la terzultima giornata di campionato. L’anno prima, la squadra che mi ero scelto in periodi sfigati aveva vinto il suo primo scudetto, reso ancora più esaltante dallo spettacolo del più grande giocatore di tutti i tempi. E adesso era ancora prima, ma aveva dilapidato un vantaggio di sei punti sul Milan, che era diventato di uno solo. E insomma quel primo maggio si gioca Napoli-Milan, e si risolve la questione. E fu un massacro. Il Milan andò avanti per 3 a 1, e a dodici minuti dalla fine segnò Careca.

Ecco, quei dodici minuti io me li sento nelle ossa, mi sento il culo sulle traversine, mi sento la maniglia del brionvega in mano, mi sento gli sguardi dei miei amici meno interessati – juventini e interisti, per lo più – da sotto la catasta. Non successe più niente. Finì 3 a 2 per il Milan, e il Napoli scoppiò, perdendo le due partite successive e il campionato. Nei quattro anni intorno a quel 1988, il Napoli arrivò due volte primo e due volte secondo, e non ci si sarebbe avvicinato mai più. Nei dodici successivi il Milan avrebbe vinto il campionato sei volte.

E sono cambiate parecchie cose, e nessuna vittoria del Napoli di oggi – che pure mi mette di buonumore almeno fino al lunedì pomeriggio – mi emoziona quanto rivedere un qualunque gol di Diego Armando Maradona di allora: però mi piace, questo campionato.

Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).