Primarie e storielle

I mesi tra novembre e marzo saranno per il Pd il momento di legittimare nei fatti e nelle piazze, e non a parole, la propria ambizione al governo del paese. Per vanificare i tentativi, evidenti, di ridurre il ruolo dei democratici a quello eterno di portatori d’acqua non serviranno né le interviste di D’Alema né i convegni con i filosofi sul primato della politica: bisognerà esporsi al confronto diretto con gli italiani. Farli partecipare, farli parlare, farli votare, offrire loro programmi e soprattutto persone credibili e vincenti.
Il primo passo sarà in Sicilia: potrebbe essere un’occasione, ma sospettiamo che non sarà una marcia trionfale. Poi però verrà il Lazio. E ora possiamo dire con certezza che per la Regione che fu di Storace, Marrazzo e Polverini, il Pd proporrà una vera svolta e una candidatura fortissima. Non vorremmo esagerare in ottimismo, ma da ieri il problema principale è solo come sostituire con efficacia la candidatura di Nicola Zingaretti per il Campidoglio (e l’apertura di Riccardi pare molto promettente).
Vincere nel Lazio sarebbe un buon viatico, ma ancora insufficiente.

Il vero momento per il Pd di riconciliarsi con gli italiani e proiettarsi verso una piena vittoria elettorale saranno le primarie. Solo il Pd le fa, solo il Pd può farle e offrirle a tutto il centrosinistra, solo questo strumento traduce il concetto altrimenti astratto e spesso vuoto di “democrazia” in qualcosa di concreto, visibile, tangibile: le lunghe file ai gazebo, le persone in carne e ossa chiamate a decidere, a orientare le scelte, a selezionare le leadership.
Bersani ha voluto le primarie per questo motivo, perché sa che questa rilegittimazione è necessaria a lui e al suo partito. Con tutti i rischi connessi, a cominciare dal rischio di perdere. Frapporre ostacoli artificiosi fra gli elettori e i gazebo del Pd sarebbe una contraddizione insostenibile.

Più che sulle regole astruse bisognerebbe concentrarsi sull’unica regola decisiva. Quella richiesta ieri da Veltroni, che non riguarda i votanti bensì i candidati: che si impegnino tutti formalmente a sostenere il vincitore. Questa è la garanzia che è dovuta agli elettori. Il resto è contorno, ansie da apparatchiki, in sostanza perdita di tempo. La domenica delle primarie, quando sarà, di queste storielle rideremo.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.