Come funziona il porno (e io)

Mannaggia, forse l’ho presa un po’ alla lontana, ammetto, però per quel tipo di film era essenziale, la premessa dico. E poi quella mattina avevo voglia di parlare, ero pure contento. Accompagnavo Brando, Marianna e Lisa a scuola, e Lisa mi fa: metti Radio due, c’è l’oroscopo. L’oroscopo? Ho avuto un moto di ribellione verso gli astri, però, va bene: ecco Radio due. Prima delle otto arriva Marco Pesatori – che piace a tutte le donne, ragazzine comprese, tutte a parlare di quanto è poetico, e poi dice che in Italia non c’è ricerca. Comunque, faceva l’oroscopo e dava un voto ai segni. Lisa era Pesci, io Acquario. Ma al Capricorno eravamo davanti alla scuola e Lisa si è lamentata: uffa, adesso non so quanto ho preso? Vedi un po’, ho pensato, questo Pesatori che si inventa, i voti, che idea balorda.

Nell’attimo in cui i ragazzi hanno chiuso la porta, Pesatori ha parlato dell’Acquario e mi ha dato otto, e ha aggiunto che l’amore andava a meraviglia e che tutto mi sorrideva, il coraggio era dalla mia parte. Cazzo: otto! non l’ho mai preso, neppure al liceo – ai compiti di italiano, max sette. I pesci hanno beccato cinque, ho abbassato il finestrino: Lisa, Lisa…quanto? ha chiesto lei. Cinque! Cinque? Ha detto lei e si è tutta imbronciata. Io: otto. Il mio umore è migliorato.

Comunque, il regista stava là, di fronte, e mi guardava, come per dire: e allora? e io gli ho detto, guarda il fatto è questo: l’idea mi è venuta mentre leggevo un pezzo di Michela Marzano, su Repubblica. E chi è? Come chi è, Michela Marzano! La filosofa della Sorbona! Scrive su Repubblica. Mai coperta, mi risponde. Va bene, dico, è una opinionista importante, molto seguita, un po’ come Pesatori, quello che fa gli oroscopi… vabbè… anche se una volta la Marzano cominciò un articolo dicendo: oggi come oggi. Lo feci anche io in terzo liceo scientifico, la professoressa mi mise quattro. Oggi come oggi è bandito in questa classe, mi disse. Aveva ragione. Il voto massimo che ho preso ai temi è sette, secondo me la prof mi ha sempre punito per quell’oggi come oggi. Saranno cambiati i tempi, non so, boh? questo articolo, dicevo (stavo un po’ nervoso, a ripensarci, la verità è questa), parlava dell’Altro. Un tema alto, il prossimo e l’esigenza di accogliere il diverso, cose serie, e cosa succede? Mentre leggo, sto al bar, al tavolino, una bella giornata, il caffè e Repubblica, ti senti dalla parte giusta del mondo e, insomma (cominciavo a sudare) mentre leggo dell’Altro, che succede? arriva alle mie spalle un senegalese che mi porge cd falsi. Amico compagno, bello, biondo, sai come fanno loro, no?

Incredibile, leggevo dell’Altro e l’Altro è apparso. Mi sono venute in mente, in quell’attimo, almeno dieci sensazioni: per esempio, questo che cazzo vuole da me adesso? Non ho bisogno di niente, ma anche: però, porca puttana, che mi costa farci due chiacchiere, un po’ di calore umano, chissà dove abita, ma adesso lo compro un cd, 5 euro, e contemporaneamente: sono falsi della camorra, la camorra ha ricavi altissimi da questa roba e i senegalesi sono delle vittime, la legge Bossi Fini, come è cambiato Fini, come è peggiorato Bossi, e altre cose ancora.

Ti rendi conto? Nemmeno a dire che sono uno sprovveduto, quando abitavo a Caserta, pure questo mi è venuto in mente, ho fondato Africa/Italia, un’associazione per i diritti dei (primi) senegalesi che arrivavano, ’87, ’88, capito? Mente gli altri casertani passeggiavano a via Mazzini, tutti borghesi, io fondavo la prima associazione italiana, mista, senegalesi italiani. Li conosco i senegalesi, venivano a casa, mangiavamo insieme, facevamo le vacanze insieme, e però quel giorno 50 sensazioni hanno attraversato la mia mente. Capito? Da una parte c’era la teoria della Marzano, pulita, bella, educativa, dall’altra l’esperienza della mia mente, sporca, contraddittoria, non ideale, insomma.
Ma che ti prendi? ha chiesto Claudio, il regista, cocaina? Ma che sei scemo, ho risposto, mai, sono contro per ragioni politiche, che facciamo arricchiamo le mafie? e poi ci lamentiamo del loro potere? Che corrompono i politici, che comprano i locali, e i soldi chi glieli dà? I consumatori di cocaina, sarei per la liberalizzazione, ma mo’ non è questo il momento per parlare di questo. Ma vedi pure questo è un problema narrativo moderno, quali sono le conseguenze delle nostre azioni….

Secondo me, ha detto, Claudio, la prendi. Ti dico di no, prendo caffè a iosa, ma non sono quel tipo di maledetto, capito. Veramente no. Ma scusa, mi ha detto Claudio, ho letto un commento su di te, diceva che eri il maledetto di una certa letteratura chic non allineata. Sì sì, ho risposto, ma era una sito ecologista. Ho parlato male del chilometro zero. Una volta maledetto era Bukowsky, Baudelaire, adesso io perché parlo del chilometro zero… Siamo caduti in basso, ha detto Claudio.

Ma ti dico questo…. e infatti, mi ha chiesto Claudio: perché me lo dici? che c’entra con me? Ti dico questo perché è un problema narrativo moderno. Come rappresentare queste 50 sensazioni che si accavallano? Noi ormai siamo così, allucinati e nevrotici, 24 mila pensieri al secondo fluiscono inarrestabili… Lindo Ferretti, fa Claudio. Cazzo, dice, i Csi! Eh sì, ribatto io e poi continuo: se io fossi un poeta, troverei un modo per creare un’ellissi con cui saltare il pattume verbale e raffinare tutto questo bailamme in una quartina. Sai che bello, la poesia è sacra, ma perché non so scrivere poesie? Ne ho scritta solo una a mia mamma, il 22 gennaio del ’76, era un giovedì, non ci credi? Non è un vezzo, sono nevrotico, mi ricordo le date e i giorni, e comunque a mia mamma piacque, ma sai, non conta.

Conosco decine e decine di poesie a memoria, il mio intimo accordo/tra i critici disaccordi. Il problema sessuale riempie tutta la mia vita/sarà un bene o sarà un male/me lo chiedo ad ogni uscita. Capito? Se fossi Sandro Penna, mica starei qui a ragionare sulla Marzano. Se fossi Pasternak: amare gli altri è una pesante croce/ma tu sei bella senza ghirigori/ (…) è facile svegliarsi e vedere chiaro/spazzare dal cuore il pattume verbale/e vivere, senza intasarsi in anticipo/tutto questo è una piccola scaltrezza. Eh! Che ne parliamo a fare? Se fossi un poeta o almeno un musicista, i musicisti, per esempio, non sono razzisti, amano le contaminazioni, capito? Ma sono uno scrittore con il blocco e l’insonnia, che pensa come raccontare tutto quello che passa per la mente, ma da scrittore appunto, mica con il diario.

Tu ti prendi qualcosa! Sicuro. Guarda, Claudio, devo morire qui, no! va bene, allora? Allora, le 50 sensazioni non possono più essere condensate in un personaggio che svolge l’azione nei tre atti, è un casino, ci vuole un personaggio seriale, oggi come oggi, i grandi romanzi sono i serial tv, solo i critici italiani non se ne sono accorti, e sai perché: perché non li conoscono, oggi come oggi, appunto.

E allora? Mi chiede ancora. Allora, tendiamo a fare una divisione, per non trattare le 50 sensazioni, per non affrontare l’argomento cardine, cioè come la mente pensa a se stessa, dividiamo il mondo in noi e gli altri. Guarda caso noi siamo i buoni (teorici) e gli altri i cattivi (pratici). La sindrome di questi anni. Il fatto è che tra noi e il mondo che non ci piace, quelli che definiamo come altri, ci sono vari e complessi gradi di responsabilità, non è che siamo responsabili di tutto, ma quello che detestiamo non è fuori da noi, nasce da altre e più organiche e più continuative dinamiche. Esaminare queste dinamiche, nel proprio piccolo, i micropoteri, insomma, è un’operazione civile. Ci vuole un personaggio che si muove piano, lentamente. Ahhhh, Claudio, ha gridato, oh! Che c’entra questo con il porno. Io faccio film porno. Capito? due o tre, o quattro che scopano. Una cosa semplice, elementare. Che posso fare per te?

Aspetta, arrivo. La teoria deve essere per forza migliore di noi, la Marzano ci spinge a esserlo, oggi come oggi. Però magari la pratica è zoppicante, niente di male, capita, ma la mia paura è che la teoria diventi una giustificazione, il frutto di una mente bicamerale, noi teorici e ideali e perfetti e gli altri, cattivi e pratici. Uno scrittore deve usare il suo corpo e la sua mente come strumento di esperienza, come i primi alchimisti, come i primi scienziati che sperimentavano su se stessi. L’unico modo per misurare con meno approssimazioni i nostri limiti, se ci raccontiamo bene, se ci raccontiamo come organismi complessi, siamo più vaccinati. Hai presente il timo, la ghiandola linfatica? Qui Claudio ha avuto un attimo di scoramento e ha calato la testa come se fosse vittima di un attacco di narcolessia. Sai il processo di immunizzazione, cioè la costruzione degli anticorpi, avviene nel feto. Per dirla con una metafora, i rappresentanti dei nostri organi si presentano al Timo e dicono: sono il fegato, siamo parte dello stesso corpo, non ci attacchiamo. Quindi il corpo si riconosce e riconoscendosi impara a combattere gli elementi estranei, forma anticorpi. Se ben ti racconti, più anticorpi hai. Siccome ci passano 150 mila pensieri al secondo, bisogna prendersi qualche rischio. Perciò ti chiedevo di fare un film porno.

Fare in che senso? ha detto Claudio. Vieni sul set e fai l’articolo? No, per niente, ho detto, voglio fare l’attore, e poi ci scrivo un libro. Claudio si è coperta la bocca e si è messo a ridere. Ho riso anche io: il personaggio che ho in testa – perché devi sapere che ho un blocco narrativo e soffro di insonnia – questo personaggio fa degli esperimenti e usa il suo corpo come strumento. Sono convinto che se forzo il mio corpo, se lo piego all’esperienza, allora il blocco si sblocca, oggi come oggi. Quindi ho pensato di fare un film porno. Non sono nuovo a queste esperienze… cioè? ha detto Claudio, hai già fatto film porno? No, non voglio dire questo, per esempio, ho lavorato sei giorni con dei rumeni alla vendemmia, ho dormito in un pulmino con loro – mi sono preso un’orticaria, ancora me la ricordo – ho fatto per tre giorni il barbone, mi sono pure ubriacato in quei tre giorni con il Tavernello, sono stato in un residence ad Acilia con padri separati, ora vorrei fare un film porno. Capito? Costruisco un personaggio seriale, che si muove lentamente, tra teoria e pratica, tra realtà e irrealtà, che come Orlando, attraversa varie dimensioni, si confronta con i 24 mila pensieri al secondo che ci attraversano inarrestabili, anche quelli sporchi e non ideali, e uno per uno cerca di raccontarli. Capito come?

Beh, guarda, ha detto Claudio, noi in fine dei conti facciamo i film affinché la gente possa farsi le seghe in pace e di nascosto, ma tu te nei fai tante di pippe, tutte mentali. E pure in pubblico. Ma allora mi dai ragione? Cioè, ho detto, siamo in una società di voyeur, la pornografia ne è l’apice, quindi che senso ha che vengo sul set e guardo e commento? Tanto vale che provo e poi capisco cosa dire. Ma sei sposato? Mi ha chiesto. Certo. E tua moglie che dice? Che dice in generale? No, dice Claudio, nello specifico. Ma sai, hai letto l’articolo su Repubblica? O cristo santo! ha esclamato Claudio… dove si diceva che il comandante Schettino deve ora rendere conto anche alla famiglia? Per la ragazza imboscata. Ecco si può mai dire una cosa così violenta? Deve rendere conto anche alla famiglia, ma lasciate in pace la famiglia. Quindi, di quest’aspetto non ti preoccupare.
Per completezza dell’informazione al lettore devo dire, nel flash foward che segue, che quando ho detto a Daniela: avrei intenzione di fare come attore un film porno, lei ha alzato gli occhi dal giornale e ha guardato per un attimo il soppalco dove teniamo le valige. Non ha aggiunto altro.

Scusa, ha detto Claudio, noi siamo professionisti, cinque giorni e facciamo un film, è una catena di montaggio, un ambiente serio, tu come fai? Cioè? ho chiesto, non sono serio? Non è questione di serietà, ma di velocità e di durata, devi fare tanto, farlo velocemente e secondo le mie indicazioni e devi durare tanto, mica lo so come sei… ok ok, capisco, ma è proprio questo il bello, se non ce la faccio, gli imbarazzi, la spudoratezza, il corpo che reagisce, come reagisce? E cosa mi ricorda l’imbarazzo? La prima volta che ho immaginato di fare sesso? La mia adolescenza. Cosa cerchiamo in questo umano atto animale? Cosa dice Lindo Ferretti? Vale più un cuore puro e un cazzo dritto che ogni pensiero debole piagnone contro… ecco vorrei ragionare su queste dimensioni.

E già, ha detto Claudio, secondo te io per le tue pippe mentali metto a repentaglio un film? Repentaglio? Se tu non ce la fai, se non ti viene duro noi perdiamo tempo e soldi, dobbiamo aspettare i tuoi comodi. Ma non usate il viagra? Sì ma se non c’è desiderio non c’è viagra che tenga. Capito? Non è che possiamo correre questo rischio per farti fare il libro sperimentale a te. E poi c’è un altro problema. Cioè? ho chiesto? Il porno è in crisi, stiamo orientando la nostra produzione per soddisfare i desideri di un pubblico femminile. E cioè? Ci vogliono trama e personaggi? Sì, ha detto Claudio, basta un accenno di trama, sai le donne non vogliono sesso, vogliono storie, vuoi un consiglio? Quando scopi non ti sforzare a scopare, parla, racconta, fai sentire che ti piace. Le donne si eccitano non per gli stalloni ma perché hanno la sensazione che a te sta piacendo molto. Io nemmeno scopo più, racconto storielle alla mia donna, la faccio sentire unica e potente, al centro dell’attenzione, è questo quello che vogliono e questo quello che faccio come regista. Comunque stiamo facendo film lesbo e gay. Ah sì? Chiedo. Sì, vuoi fare film gay? Macché sei scemo, dico. Com’è, mi dice, non vuoi sperimentare? Sono meridionale. Ah, dice lui. Poi continua: le donne amano film gay e lesbo. Cos’è? Chiedo, omosessualità latente? Macché dice. Un po’ una questione estetica, sono belle le lesbiche e i gay soprattutto, muscolosi, virili, potenti. Piace alle donne vedere uomini che scopano tra di loro, e un po’ è una questione di disincanto generazionale. I film gay e lesbo vanno bene per un certo target in espansione. Donne sole, rotte le palle di uomini scemi e chiacchieroni, non affidabili. Che possono fare quando arrivano a una certa età? Provare con l’ennesimo uomo? Chiedere a loro conforto e sicurezza e affetto e compagnia? Dai, fatica sprecata. Molte si prendono una donna. Più facile no? Ma sei sicuro? Chiedo. Oh, mi dice lui, l’esperto in pippe mentali sei tu, in sesso sono io. E ti dirò di più, nel sesso c’è poco da capire, è una questione di competizione per le risorse per i maschi. Le donne vogliono accaparrarsi il maschio migliore. Non c’è il maschio migliore, si sposta l’obiettivo. Questo è il sesso, nudo e crudo, il resto sono chiacchiere romantiche, un modo per raccontarsela bene, la puttanata del sesso.

Nel porno, poi, non c’è quasi niente da capire. Quelli che fanno porno si vergognano. Di che? Chiedo. Boh, c’è qualcosa di cui si vergognano, qualcosa di brutto, un trauma subito o dato, che ne so, oppure si vergognano di una parte di loro. Comunque la vergogna non può essere detta, ci vuole un simbolo, o una nevrosi, no? Loro, maschi e femmine, esibiscono il corpo per nascondere la vergogna. Non hanno relazioni stabili e durature, perché temono l’intimità, hanno paura che attraverso l’intimità quel sentimento di vergogna venga smascherato. E allora meglio esibirsi, ogni esibizione è un mascheramento. Li conosci i tuareg? Sai, i tuareg scoprono il volto quando sono in presenza di estranei e lo coprono quando sono con persone intime. Tolgono la maschera perché pensano, e a ragione, che un estraneo non potrà leggere i segni sul proprio viso. Si smascherano e offrono un volto maschera. Al contrario, se sono in presenza di persone intime si coprono il volto, hanno paura, capito? paura che qualcuno tra i propri intimi legga i segni della vergogna sul volto. Quelli che fanno il porno sono dei tuareg, si scoprono il corpo per nascondere la vergogna che risiede nel corpo. Tutto qui.

Ma scusa, chiedo, ma sei un antropologo? Psicanalista, risponde. Solo che ho preferito fare il porno, troppe teorie sulla mente rovinano la mente, troppe teorie rovinano l’azione. Ma infatti, dico, lo vedi che la pensi come me? Ma tu ti vergogni di qualcosa? Mi chiede. E tu? rispondo io. Sì, dice lui. E anche io, naturalmente: solo che non lo possiamo dire, no? Chi più chi meno, siamo tutti come i tuareg: la causa della vergogna non può essere raccontata. No, dice Claudio, solo esibita, poi sta a chi ci ascolta aiutarci. Bene, dico io, per questo ci vuole una narrativa nuova, e poi bisogna affrontare questo tema: perché più consapevolezza non sempre corrisponde a più coraggio? Oh oh, dice lui, non ricominciamo, io faccio porno.

Allora? Faccio io, mi aiuti? un paio di scene e come va va?

Senti Antonio, mi dice, mi stai simpatico, ma qua c’è un terzo problema. Cioè, dì… e cioè, riprende Claudio, non ti offendere… ti offendi? E dipende, dico io. Il problema è che sei vecchio. Ancora…. dico io. Non vecchio in senso assoluto, vecchio per questo mestiere. Non ti regge la pompa, senti a me, che me ne intendo.

Ah bello, gli dico, ma che stai a di’…. a parte il fatto che Pesatori stamattina mi ha dato otto, e ha detto che devo stare tranquillo, l’amore e il coraggio non mi mancheranno… Otto? Ha detto Claudio. Otto, otto: Acquario. Cazzo, a me quattro. E lo vedi, stai a rosica’, quindi, che stai a di’…. e Claudio ha detto: no, dai, basta niente film con me, fidati non ce la fai, l’esperto sono io.

Ps: Vabbè, niente film. Secondo me da maschio, Claudio è entrato in competizione con me, per il bel voto che mi ha dato Pesatori.

Antonio Pascale

Antonio Pascale fa il giornalista e lo scrittore, vive a Roma. Scrive per il teatro e la radio. Collabora con il Mattino, lo Straniero e Limes. I suoi libri su IBS.