Plus ça change plus c’est la même chose

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Questa cosa della Sicilia laboratorio sperimentale della politica, questa dottrina dell’eterno ritorno soffritta nell’olio di semi di media vari, quest’alone da Area 51, questa idea tutta letteraria dei vecchi marpioni che sperimentano, che fiutano il vento prima degli altri, che rabdomanteggiano, che si attrezzano per tempo, che giocano d’anticipo, Crocetta domatore di grilli isolani che ora si propone per fare corsi di formazione per domatori di grilli continentali, il solito, trito, nauseante paradosso del noi siamo indietro perché siamo avanti o del siamo avanti perché siamo indietro, questo mito dell’alchimista politico, delle urne siciliane sempre lette come le interiora fumanti dell’agnello, il nonno morto che ti dice giocati questi numeri, il fetore dell’autocompiacimento di tutti, elettori ed eletti, la consolazione putrida e falsa del ritenersi precoci, anticipatori, futuristi, fantascientifici di quella fantascienza in cui il futuro è ritorno al primitivo, le doti predittive, le doti magiche, i veggenti, le metafore immaginifiche, i raptus estatici dei vaticini, i chiromanti che si leggono la mano da soli e si danno il consiglio vincente, il trasformismo, la taumaturgia, il potere che precede se stesso sulla poltrona, il gioco degli specchi, il pirandellismo, il gattopardismo, il double-face, gli ossimori, le iperboli, questa chincaglieria retorica, abusata, logora, consunta, una melassa che stomaca, che uniforma, che incolla tutto, fila e fonde come le sottilette, brucia la possibilità stessa che di qualcosa si faccia analisi anziché racconto, elimina i distinguo, spinge verso la leggenda, il mito, il “destino”, l’arcano. È una condanna. Se ne esce solo cambiando lo stile. Rifiutando il linguaggio corrente. Pulendo tutto da queste scorie di romanticismo, di barocco, di gotico. Le battute. La simpatia. Il sorriso di complicità. Cambiare parole, cambiare sintassi, cambiare le espressioni facciali, le movenze, i gesti, il tono della voce, cambiare il proprio corpo, cambiare sé stessi, cambiare tutto. Era ottobre dell’anno scorso, tempo di elezioni regionali. L’analisi resta quella: distinguere tra la Sicilia come genere letterario e la Sicilia come regione d’Italia diventa sempre più impossibile.

Mario Fillioley

Ho tradotto libri dall'inglese in italiano. Poi ho insegnato italiano agli americani. Poi non c'ho capito più niente e mi sono messo a scrivere su un blog con un nome strano: aciribiceci.com