Per un futuro ipnagogico

L’Hypnagocic pop è stato la vera novità musicale del 2011, almeno stando alle autorevoli opinioni consuntive di fine anno di critici come Simon Reynolds, quello di “Retromania”, e David Keenan di The Wire. Ogni notte prima di addormentarci sperimentiamo una fase intermedia tra il sonno e la veglia, il così chiamato “stato ipnagogico” che può essere caratterizzato da allucinazioni molto vivide e intense.

Il pop ipnagogico definisce quindi il suono che evoca un immaginario particolarmente intenso, quello degli anni Ottanta, riuscendo a ricostruire – anche senza averle vissute – le atmosfere di un passato fatto di colonne sonore di blockbuster, new age appannata e reminescenze disco. Già, perché i protagonisti di questo nuovo suono, da Neon Indian a Washed Out passando per James Ferraro e Memory Tapes, hanno poco più di ventanni e nella loro adolescenza non ci sono stati né Miami Vice né i jukebox con le monetine dei bar della Riviera. Quella ipnagogica è una nostalgia indiretta, filtrata dall’accumulo di materiale anni Ottanta disponibile in rete.

Non si tratta di revival, ma di un riciclo del revival che spoglia gli anni Ottanta dell’accumulo ideologico della cultura post moderna, riconsegnandogli una verginità e una purezza sconosciute. Un po’ come ascoltare per la prima volta “Boys” di Sabrina Salerno senza pensare a (in ordine): Berlusconi, la musica commerciale, l’edonismo consumista, la crisi dei valori, il corpo delle donne, le vacanze di Natale dei Vanzina, Domenica In e ancora Berlusconi. Solo e semplicemente “Boys Boys Boys” con il suo plastico edonismo di spiagge al tramonto e con l’ottimismo selvaggio del bikini. Si tratta di una forma salvifica di revisionismo, utile soprattutto a noi trenta quarentenni più o meno di sinistra.

I “soliti vecchi” ci hanno detto a ragione e fin alla nausea che siamo cresciuti negli anni peggiori. Non solo, ci hanno detto anche che per venire fuori da quegli anni occorreva essere cinici e spietati. Per poi finire a commentare che la nostra è una generazione perduta, che non ce la farà mai a misurarsi con le altre. Saranno anche nel giusto, ma possiamo noi cancellare il nostro passato? No, possiamo però lavorare a costruire una nuova nostalgia “utopica”, un’allucinazione ipnagogica che restituisca verginità al passato, anche a quello lunghissimo del berlusconismo. Potrebbe essere il nostro modo di ricucire col futuro, senza darsi per spacciati.

Tag: musica
Giovanni Robertini

Vive a Milano. Come autore televisivo ha fatto parte del gruppo di brand:new e di Avere Ventanni per Mtv; de L'Infedele e di Invasioni Barbariche (dove si trova ora) per La7. Ha pubblicato il libro "Il Barbecue dei panda - L'ultimo party del lavoro culturale"