Ore 15:17 – Attacco al treno

Cos’è. È il nuovo film di Clint Eastwood. Racconta i fatti dell’attacco terroristico su un treno Amsterdam-Parigi nell’estate del 2015, sventato da tre militari americani in vacanza e di un docente franco-americano. Il film mostra in flashback la nascita dell’amicizia tra i tre ai tempi delle scuole medie, l’arruolamento, il viaggio in Europa (Roma, Venezia, Berlino, Amsterdam) e l’attentato. A interpretare i ruoli dei quattro protagonisti ci sono loro stessi. Nel ruolo delle madri di due di loro ci sono Judy Greer e Jenna Fischer.

Com’è. È un film programmaticamente “normale” in ogni sua parte. Regia, fotografia, montaggio e scrittura convergono in questa idea di normalità, e anche la musica si fa sentire solo nella parte concitata dell’attentato. Per il resto seguiamo le vita, prima da adolescenti e poi da giovani uomini, di tre californiani qualunque appassionati di vita militare. È normale la loro fatica alle scuole medie, normale la loro voglia di giocare alla guerra, normale la loro passione per le armi, normale le difficoltà dell’addestramento e delle missioni. Poi c’è la vacanza in Europa, che è fatta di luoghi turistici normali — Roma è il Colosseo, Venezia è Rialto — e discoteche da turisti. Infine c’è il treno delle 15:17 Amsterdam-Parigi, che normale non è.

Perché vederlo. Di Clint Eastwood si apprezzano sempre l’onestà, la coerenza stilistica, la semplicità di approccio. Questa volta il film è quasi un’esperienza catartica per i protagonisti, un modo per rivivere il momento più cruciale delle loro vite davanti alla macchina da presa e ai nostri occhi. Nella sua poetica legata alla banalità del bene, all’eroismo inaspettato dei cuori semplici, Ore 15:17 – Attacco al treno prosegue coerentemente il discorso di American Sniper e Sully, e lo fa con una sua delicatezza. Chi ama Eastwood con un trasporto viscerale troverà in questo film degli elementi, forse più di impianto che di svolgimento, per esserne soddisfatto. Per gli altri sono solo gli ultimi venti minuti a emozionare.

Perché non vederlo. Il mestiere del cinema non è mandare messaggi, e chiedersi “Cosa dice?” di questo o quel film è una banalizzazione giornalistica che lascia il tempo che trova. Però è altrettanto vero che un forma e una poetica coerenti non bastano per fare grandi film. Soprattutto non ogni storia, non ogni personaggio merita un’ora e mezzo di racconto cinematografico in ragione del tocco del regista (un tema che, ad anni luce di distanza da qui, conoscono anche Martin Scorsese e i suoi gesuiti in Giappone).

In questo caso seguiamo la vita di tre persone non solo normali ma anche banali: niente di particolare, niente di interessante, niente di diverso dall’arruolamento ideale e pratico li spinge, fin dalla prima adolescenza. C’è un gran parlare di armi, corpi, missioni militari, con un’insistenza che sfiora il ridicolo; non c’è amore, non c’è sesso, non c’è cultura (un film, un videogioco, niente). Le poche donne sono madri apprensive o un gioviale contorno decorativo. I tre amiconi in sé sono anche simpatici nella loro giovialità, ma non sono attori e non recitano bene. Non c’è una riflessione, un dubbio, niente che ci faccia entrare in relazione con i personaggi. Eastwood ha detto di aver voluto studiare le reazioni delle persone alle catastrofi, qui di reazioni non ce ne sono. Sono parecchi i mitra, però. Forse l’ho già detto.

Siamo grati a chi salva vite umane, certo, ma non come spettatori. E comunque siamo grati soprattutto all’uomo che ha affrontato il terrorista per primo accorgendosi che era chiuso in bagno da troppo tempo, cioè Mark Moogalian. Mark però è un civile, era sul treno con la moglie, non ha mai sognato mitragliatori e amicizia virile, quindi lo vediamo per pochi minuti.

I film non possono essere medaglie al valore, perché altrimenti diventano propaganda. Ore 15:17 – Attacco al treno è un film ideologico e mortalmente noioso che parla allo stesso pubblico che ha comprato a milioni i libri sugli atti di eroismo degli americani dall’11 settembre in poi (compreso quello da cui è tratto il film), e fatto di American Sniper il maggior successo della carriera di Clint Eastwood. È un pubblico vastissimo che vuole sentirsi dire che il mondo è pieno pericoli e malvagità, ma grazie ai soldati americani, in buona fede armati fino ai denti, i cattivi saranno sconfitti. Per nostra fortuna le cose non stanno così.

Una battuta. (detta da un ragazzino con gli amici su un prato) La guerra è una cosa speciale. Il cameratismo, la storia, la solidarietà in trincea…

Matteo Bordone

Matteo Bordone è nato a Varese negli anni della crisi petrolifera. Vive a Milano con due gatti e molti ciclidi. Lavora da anni a Radio2 Rai e a volte in televisione. Scrive in alcuni posti, tra cui questo, di cultura popolare, tecnologia, videogiochi, musica e cinema.