Per una nuova edicola italiana

Già i giornali sono un bene fisico in via di dismissione. Li amiamo in molti, più per l’affetto che riserviamo alle cose che ci sono care che non per reali ragioni pratiche. Più per abitudine a gesti e piccoli tic che non per effettiva necessità. Più per il “profumo della carta” (inoltre se avete in casa un camino la carta dei quotidiani nelle serate invernali serve sempre) che non per l’inchiostro delle singole parole messe in fila.
Basterà osservare, in una mattina qualsiasi, gli acquirenti dei quotidiani all’edicola dell’angolo per rendersi conto con esattezza di come siano messe ormai le cose. Oppure contate i ragazzi con il Corriere o Repubblica sotto braccio in autobus o sulla metro: provate insomma a dedicare un po’ del vostro tempo alla contabilità di un business morente.

Poco importa se l’ultima copia (fisica) del NYT sarà nel 2043 o prima, già oggi una parte rilevante del residuo potere dei giornali si basa , almeno da noi, non sulla loro capacità di essere letti e di diffondere notizie ma dentro i molti differenti abbracci del potere.

Quanto alle loro versioni digitali, che gli editori in Italia (ma anche altrove con poche luminose eccezioni) hanno spesso trattato come il figlio minorato da mostrare il meno possibile, accettate e prodotte di malavoglia con modeste risorse, anche alla luce dei modesti introiti che tali formati consentono, esse sono cresciute negli anni dentro offerte per i lettori che replicano le vecchie abitudini dello sfogliar pagine umettandosi il polpastrello. Quelli che in orribile gergo tecnico vengono definiti come “sfogliatori” sono oggi giornali digitali con un pubblico, nonostante tutto, vivo e vegeto (tutti gli altri esperimenti di “comprendere i nuovi media” producendo formati nuovi più adatti al digitale non mi pare abbiano ottenuto risultati rilevanti, per lo meno nell’editoria mainstream). Sono questi gli unici lettori sui quali probabilmente varrà la pena lavorare.
Costano meno della carta i PDF sfogliabili, non vanno nel camino ma valgono ugualmente piuttosto poco, molto spesso, almeno fino ad oggi, dentro catene di valore che gli editori non hanno saputo controllare, con diritti di piattaforma da corrispondere ad Apple o altri che causano comprensibili mal di pancia.

Così dopo anni di grandi spinte intenzionali è online da qualche giorno Edicola Italiana, offerta del consorzio dei principali editori italiani nato per affrancarsi da certe piattaforme d’oltreoceano e al momento limitata a due sole tipologie di contratto. Sul sito si può sottoscrivere l’abbonamento ad un singolo quotidiano con modalità e prezzi analoghi a quelli già offerti dai singoli editori (o a quelli intermediati da piattaforme tipo iTunes Store) oppure è possibile abbonarsi ad un bouquet di settimanali e mensili con la formula “all you can read”, inglesismo greve e marchettaro che forse ci poteva essere risparmiato.

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In pratica l’unica offerta inedita di Edicola Italiana è la possibilità di abbonarsi ad alcuni settimanali e mensili di differenti editori e questo avviene non senza ragioni. I settimanali ed i mensili sono oggi il centro dell’abisso della crisi editoriale: se i quotidiani conservano un residuale potere di scambio i periodici sono il fronte nudo dell’abisso. Una rapidissima occhiata al mercato USA, ovviamente meno asfittico del nostro ma non per questo meno in crisi, ci dice che la versione digitale del National Geographic mette assieme solo 160 mila abbonati, Wired arriva a stento a 100 mila, solo Games Informer ha un pubblico digitale consistente sfiorando i 3 milioni di abbonati disposti a spendere 20 dollari l’anno. Tutti gli altri – e stiamo parlando del vasto pubblico mondiale dell’editoria in lingua inglese – viaggiano su ordini di grandezza 10 o 20 volte inferiori. Molta la trippa, pochissimi i gatti.

Come scrive con molta chiarezza Derek Thompson su The Atlantic giusto in questi giorni, l’idea di creare una Netflix delle news (ricordiamo al riguardo il progetto analogo per i libri digitali che si chiama Kindle unlimited) ha ottime possibilità di fallire per il semplice fatto che una simile opzione esiste già e si chiama Internet. Ma anche ignorando questo immaginare un lettore che voglia pagare un (esiguo) abbonamento mensile per leggere l’Espresso e Sorrisi e Canzoni, Il mio Papa (nel senso del Pontefice) e Casa Facile beh a me sembra davvero provare ad immaginare l’inimmaginabile. Insomma, buona fortuna.

L’unico aspetto potenzialmente interessante (ma di nuovo per un numero non rilevante di persone) sarebbe stato permettere ai lettori di sottoscrivere abbonamenti singoli a più quotidiani a prezzi inferiori rispetto alle singole offerte o anche (come mi suggerisce Bruno Ruffilli su Twitter) implementare sistemi di micropagamenti per singoli articoli dentro una offerta editoriale vasta e ben organizzata.

Se ne parla da anni ma i micropagamenti sono stati sperimentati in maniera abbastanza sciagurata quasi solo dentro le offerte di news per la telefonia cellulare mentre l’idea di pensare offerte commerciali a partire dalle reali esigenze dei lettori non sembra essere mai stata troppo considerata dagli editori.

Che per quanto è loro possibile tengono le uova d’oro nella cantina della carta e spargono al vento digitale semplici fotocopie. Ma se anche una simile idea fosse stata presa in considerazione la piattaforma web utilizzata da Edicola Italiana, nata dopo 3 anni di conciliaboli che immaginiamo accaniti, davvero sembra di una modestia tale da sconsigliare qualsiasi tentativo tecnologico minimamente complesso.

Massimo Mantellini

Massimo Mantellini ha un blog molto seguito dal 2002, Manteblog. Vive a Forlì. Il suo ultimo libro è "Dieci splendidi oggetti morti", Einaudi, 2020