Non sono stato io, è stato Twitter

L’annosa inclinazione dei giornali ad attribuire a internet la responsabilità delle notizie false diffuse dai giornali stessi conosce oggi nuove vette con l’articolo sel Corriere della Sera sulla falsa notizia di Di Pietro che aveva avuto un’ischemia. Breve elenco delle vette.

1. La notizia si è rivelata rapidamente falsa, e la sua diffusione non ha avuto alcuna conseguenza di rilievo. Quindi perché fare un articolo su una cosa che non è avvenuta?

2. Il pezzo è intitolato “Se la (falsa) ischemia di Di Pietro corre su Twitter” (titoletto “Malore amplificato online”). Trascurando l’ubriaca abitudine di titolare delle notizie col “Se” – ormai inspiegabilmente radicata nelle testate italiane – il titolo trascura che “il tam-tam mediatico parte da un’articolo de L’Unione Sarda”, come dice en passant il testo con un’altra formula da ma-come-scrivi. Cosa che avrebbe quindi suggerito un articolo intitolato “Se  la (falsa) ischemia di Di Pietro nasce sui giornali”, proprio a volerlo fare.

3. In cerca di riempitivi, l’articolo prima cita un dimenticato da tutti episodio falso di “liberazione di una tigre” a Londra l’anno scorso, “annunciato da un tweet” (piuttosto che i più memorabili esempi di notizie false diffuse dai giornali ogni settimana). Ma soprattutto si chiude con un certo ardimento – “su Twitter casi analoghi sono all’ordine del giorno” – attribuendo alla rete il celebre percorso di Tommaso De Benedetti, “specializzato nel creare profili falsi e diffondere notizie inventate”, per “dimostrare la vulnerabilità dei social network”. Solo che, come ricorderete, Tommaso De Benedetti ottenne i suoi quattro minuti di celebrità quando invece su internet si svelò che erano false le interviste che pubblicava sui giornali di carta, e i giornali di carta presero successivamente a intervistarlo e a dargli spazio e promozione così come avevano allevato le sue interviste false.

«Ma tu perché ci perdi tempo?».
E avete ragione anche voi.

 


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Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).