“Non dimenticatemi!”

Ero in macchina, in autostrada, e ho fatto girare la successione delle playlist nell’iPod. Va a finire che sento sempre le stesse, le prime, e anche con la riproduzione casuale mi sembra di conoscere tutto a memoria. Quindi ho saltato avanti e mi sono fermato sulla playlist numero nove, senza vedere cosa fosse. È cominciato un pianoforte, accordi lenti un po’ pesanti: ho alzato il volume, che in autostrada le note spaiate di pianoforte un po’ si perdono.
E poi è cominciata “seduto qui, davanti a te…”.
Era Renato Zero. Era “Motel” di Renato Zero.
Nella vita mi sono trovato spesso a dover faticare per convincere i miei amici di alcune mie passioni musicali: è stata moto dura soprattutto con i Pet Shop Boys, autentici geni dell’elettropop inglese equivocati qui per meteore degli anni Ottanta. Ma riuscire a convincere i miei cari che il debole per le canzoni di Renato Zero (fino a EroZero) non era una bizzarria adolescenziale, ma una consapevole e durevole ammirazione è sempre stata un’impresa impossibile. Quello che in effetti è impresentabile è una pesantezza kitsch di arrangiamenti e interpretazioni che magari un giorno ritroverà una sua attualità: adesso non si può sentire, capisco.
Ma in autostrada ero solo, e mi sono goduto la playlist delle canzoni di Renato Zero (fino a EroZero) sognando l’unica cosa che possa render loro onore: un disco acustico di cover di Renato Zero cantate dai Baustelle, o da Morgan. Ci conto.

Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).