Il gigante che aspetta Monti

Siamo alla vigilia di un passaggio cruciale, il varo del decreto sulle liberalizzazioni. Ieri il Financial Times, titolando una lunga intervista, definiva Mario Monti «rivoluzionario parentetico», sfruttando una definizione che lo stesso premier dava della propria esperienza: una parentesi. Sapremo domani se la parentesi potrà davvero consegnare all’Italia anche la rivoluzione, ovvero un radicale mutamento delle regole di funzionamento dell’economia, del commercio e dei servizi, incoraggiando l’innovazione e l’impresa e rovesciando l’ottica che vede consumatori e clienti sempre dalla parte delle vittime. Se così sarà, allora la parentesi tecnica avrà conseguito in due mesi più risultati delle recenti legislature politiche.

Può farcela , Monti?
Mettiamo solo per un momento da parte il requisito che lui stesso definisce indispensabile, l’unico che non dipende da noi: il sostegno dell’Europa, per liberarsi (e liberarci) di vincoli di troppo investendo finalmente nella crescita. Per rimanere al gioco italiano, Monti ha compiuto l’inversione di agenda che gli era stata consigliata, anteponendo il pacchetto delle liberalizzazioni alla delicata trattativa sul nuovo welfare e il mercato del lavoro: scelta oculata che ha alleggerito almeno un fronte, garantendo al governo la predisposizione positiva da parte del Pd.

L’altra garanzia, se non di successo almeno di buona partenza, è nell’ampiezza del pacchetto, che riguarda trasversalmente dall’Eni ai taxi, dai notai alle assicurazioni, dalle banche ai farmacisti (negative invece le rinunce preventive o i rinvii su Poste e ferrovie).
Tanti protestano. Da Roma alla Sicilia la legge viene violata sistematicamente. Ma un gigante silenzioso aspetta a vedere se davvero la sua vita sta per cambiare un po’, finalmente in meglio, e per una volta senza dover pagare di tasca propria: è l’Italia dei cittadini, degli utenti, dei consumatori, del reddito fisso, del piccolo artigiano o commerciante, dell’imprenditore.

Se Monti convince e conquista la fiducia di questa Italia, allora le rivolte saranno inutili, e la rivoluzione sarà invece possibile.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.