Mendace

Può essere mendace un imputato o un testimone, un racconto o un discorso, una speranza o una promessa, una confessione o una dichiarazione. Menzognero, che ne condivide la radice, e poi falso, finto e bugiardo, sono i sinonimi più adatti a sostituire mendace nell’italiano corrente. Fallace, ingannevole o illusorio, ipocrita o insincero, infondato (una verità infondata) o insussistente (un’accusa insussistente), inattendibile (un informatore inattendibile) o inaffidabile (una guida inaffidabile), gli si avvicinano, ma denunciano la negazione della verità in modo più blando o “distratto” (meno colpevole, cosciente o dirompente): una previsione fallace, più che opera di un mentitore, è in molti casi il frutto di un semplice errore – anche grossolano o clamoroso, ma pur sempre un errore – di valutazione, di ragionamento o di calcolo; un comportamento o un’affermazione ipocrita sono dettati da chi, sebbene appaia mosso dalle stesse ingannevoli mire di chi mente ad altri, dissimula le qualità che non possiede coi modi o i toni melliflui propri dell’atteggiamento mascherato che ha deciso di assumere; una notizia (o una fonte) inattendibile, più che un proditorio fake, una bufala costruita ad arte, è piuttosto una notizia sfuggita al controllo di chi avrebbe dovuto verificarne l’autenticità e non l’ha fatto.

In mendace, e in menzognero, avvertiamo la presenza del pensiero, quasi fosse la causa di tutti i mali e non l’antidoto al veleno di ogni cotta, angusta, limitante visione del mondo. L’origine di menzognero è da menzogna; questo risale a un termine non documentato, creazione del latino cristiano (*mentionia), esito dell’incrocio fra la parola da cui direttamente discende (mentio, -onis “menzione”, “riferimento”, “accenno”) e il latino tardo mentire (“mentire”), dal deponente mentiri del periodo classico, e la radice di mentiri è la stessa di mens (“mente”). Mendace trae origine dal latino mendax, un derivato di mendum (“sbaglio”, “menda”, “difetto”), anche questo disceso da mens (“mente”); in senso proprio mendax, che nella lingua latina, oltre a “mendace”, volle dire “immaginario”, “fittizio”, “simulato”, ecc. (mendaces pennae, nelle Metamorfosi ovidiane, sono le finte ali che permettono a Giove, trasformatosi in un’aquila, di rapire Ganimede, il giovinetto di cui s’era invaghito: «percusso mendacibus aere pennis», X, 159, “agitando l’aria con ali altrui”), significò dunque “manchevole” o “difettoso”: il difetto che consista nella mancata trasmissione della verità rende allora il colpevole un bugiardo, e il prodotto della sua mente una menzogna, una falsità, una fandonia.

Mendace, con tutti gli altri membri della sua famiglia (mentire, menzogna, menzognero, ecc.), porta insomma su di sé il peso della responsabilità di una mente umana che, da suscitatrice d’immagini e produttrice d’invenzioni, diviene generatrice d’inganni e di bugie dipartendosi dal vero. Un percorso analogo è suggerito da fingere e finzione. Già in latino, prima di evolversi nei valori semantici peggiorativi (“finzione”, “simulazione”, “menzogna”, “frode”) che avrebbe in gran parte trasmesso alla parola italiana sua erede, fictio aveva sviluppato i significati di “creazione”, “ideazione”, “invenzione”. Si può affermare lo stesso per fingĕre: a partire da “modellare”, “plasmare”, “figurare”, “immaginare”, “inventare”, ecc., sarebbe poi diventato “dare a intendere”, “simulare”, “adulterare”, “contraffare”, “falsare”, ecc.

Scrive Giacomo Leopardi, nell’Infinito, (vv. 4-8):

«Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quïete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura»

Quegli spazi immensi, sconfinati, smisurati, quei silenzi ultraterreni e quell’assoluta quiete s’imprimono in un’immaginazione fantastica che tenta vanamente di rielaborarli. Di fronte all’illimitatezza e all’infinitezza la mente non può nulla. È impotente, travolta, annichilita, e nella sua resa annunciata piacevolmente affoga:

«Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare»

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Vi ripropongo l’elenco delle 30 parole “da salvare”, che abbiamo immaginato qualcuno avesse deciso di cancellare prima del tempo, e vi invito a salvarne una. Fate la vostra scelta nei commenti qui sotto (potete esprimervi una sola volta; se farete una seconda scelta, o una terza, una quarta, ecc., verrà considerata soltanto la prima) e accompagnatela con un commento sul motivo per il quale salvereste proprio quella parola. Nel corso della quarta edizione di Parole in cammino (il Festival della Lingua italiana e delle Lingue d’Italia: Siena, 1-5 aprile 2020), in cui lanceremo la Notte della Lingua Italiana (il 3 aprile), premieremo le motivazioni più belle. Io spiegherò intanto via via le 30 parole, una a settimana.

  1. abulico
  2. afflizione
  3. arguto
  4. becero
  5. bizzarro
  6. blaterare
  7. caustico
  8. coacervo
  9. corroborare
  10. deleterio
  11. elucubrare
  12. fedifrago
  13. fosco
  14. giubilo
  15. illazione
  16. intrepido
  17. laconico
  18. magnanimo
  19. mendace
  20. nugolo
  21. ondivago
  22. preambolo
  23. riottoso
  24. sagace
  25. sbigottire
  26. sbilenco
  27. solerte
  28. sporadico
  29. uggioso
  30. veemente
Massimo Arcangeli

Linguista, critico letterario, sociologo della comunicazione. Si è sempre nutrito di parole, che ama cercare in giro per il mondo.